“Ormai devono ritenersi definitivamente superate le dinamiche secondo le quali un allevatore deve vendere 2 litri di latte per bersi un caffè al bar, quattro litri per comprare un pacchetto di caramelle, quattro litri per una bottiglietta di acqua al bar e quasi 15 litri per un pacchetto di sigarette.” E’ quanto dichiara Alfonso Cavallo, Presidente di Coldiretti Taranto, ricordando che è scaduto il termine di 180 giorni per smaltire le scorte di confezioni con il sistema di etichettatura precedente all’entrata in vigore dal decreto sull’Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari che era stato firmato dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda.
“La vera e unica indicizzazione di cui il comparto zootecnico in provincia di Taranto ha bisogno – prosegue Cavallo – è il vincolo indissolubile tra il prezzo del latte alla stalla e il costo di latte e formaggi che i consumatori acquistano nei negozi e nei supermercati. Chiediamo, al contempo, che vengano intensificati i controlli, in modo da garantire la reale applicazione del Decreto sull’indicazione obbligatoria dell’origine del latte in etichetta, una infallibile cintura di sicurezza per i nostri allevatori che devono poter competere alla pari e per la salute dei consumatori che devono poter scegliere in maniera consapevole quello che acquistano e mangiano. Tra l’altro, secondo l’art. 2 comma 2 della Legge nazionale n.51/2015 stabilisce che le condizioni contrattuali da rispettare per la cessione del latte crudo nella contrattazione debbano tenere conto dei costi medi di produzione del latte crudo elaborati dall’ISMEA.
E’ divenuto, dunque, perfettamente operativo l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del latte e dei prodotti lattiero-caseari come burro, formaggi, yogurt per impedire di spacciare come Made in Italy i prodotti ottenuti degli allevamenti stranieri.
“I nostri allevamenti versano in una situazione difficile – aggiunge Aldo De Sario, Direttore di Coldiretti Taranto – per colpa del prezzo del latte non remunerativo e delle importazioni di latte e prodotti semilavorati dall’estero, utilizzati per fare mozzarelle e formaggi spacciati per ‘Made in Puglia’. Per questo tutti i soggetti della filiera che hanno percepito finanziamenti pubblici non possono tirarsi indietro, devono rispettare fino in fondo il percorso di filiera intrapreso, anche sul fronte dei prezzi riconosciuti agli allevatori. Con la pratica troppo diffusa delle offerte e della vendita di prodotti a prezzi stracciati, anche una parte della Grande Distribuzione Organizzata rende insostenibili i costi di una produzione di qualità e realmente garante della sicurezza alimentare.
L’obbligo di indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari, si applica – spiega la Coldiretti – al latte vaccino, ovicaprino, bufalino e di altra origine animale.
Ben 80mila mucche da latte presenti in Puglia possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, formaggi e yogurt che è garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore, grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello nazionale e comunitario con 2 DOP (canestrato pugliese e mozzarella di bufala) e 17 formaggi riconosciuti tradizionali dal MIPAAF (burrata, cacio, caciocavallo, caciocavallo podolico dauno, cacioricotta, cacioricotta caprino orsarese, caprino, giuncata, manteca, mozzarella o fior di latte, pallone di Gravina, pecorino, pecorino di Maglie, pecorino foggiano, scamorza, scamorza di pecora, vaccino).
L’Italia è diventata il più grande importatore mondiale di latte. Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare fino ad ora magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori.
Sono riuscite a sopravvivere con grande difficoltà in Puglia appena 2.700 stalle, a causa principalmente del prezzo del latte, dovuto non solo alla crisi, ma anche e soprattutto a queste evidenti anomalie di mercato. Oltre all’inganno a danno dei consumatori, si tratta di concorrenza sleale nei confronti degli stessi industriali e artigiani che utilizzano esclusivamente latte locale. L’insidia alla salute dei consumatori e l’erosione della capacità di competere dei nostri allevatori e dei nostri coltivatori è dipesa finora principalmente da un fattore, dall’assenza di etichettatura obbligatoria sull’origine delle materie prime.
In occasione dell’entrata in vigore del decreto – secondo una indagine condotta da Coldiretti – due confezioni di latte a lunga conservazione su tre sono già in regola con la nuova etichetta di origine che consente di smascherare il latte straniero spacciato per italiano. L’indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari che dovrà essere indicata in etichetta con:
a) “paese di mungitura: nome del paese nel quale è stato munto il latte”;
b) “paese di condizionamento: nome della nazione nella quale il latte è stato condizionato”
c) “paese di trasformazione: nome della nazione nella quale il latte è stato trasformato”;
Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, condizionato e trasformato nello stesso paese, l’indicazione di origine può essere assolta – precisa la Coldiretti – con l’utilizzo della seguente dicitura: “origine del latte: nome del paese”. Se invece le operazioni indicate avvengono nei territori di più paesi membri dell’Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata possono essere utilizzate le seguenti diciture: “miscela di latte di Paesi UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato in Paesi UE” per l’operazione di condizionamento, “latte trasformato in Paesi UE” per l’operazione di trasformazione. Infine, se le operazioni avvengono nel territorio di più paesi situati al di fuori dell’Unione Europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata possono essere utilizzate le seguenti diciture: “miscela di latte di Paesi non UE” per l’operazione di mungitura, “latte condizionato in Paesi non UE” per l’operazione di condizionamento, “latte trasformato in Paesi non UE” per l’operazione di trasformazione.
Più variegata la situazione di yogurt e formaggi, perché il provvedimento prevede che sarà possibile, per un periodo non superiore a 180 giorni, smaltire le scorte con il sistema di etichettatura precedente anche per tenere conto della stagionatura.”