«Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere ‘prossimi’, dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: ‘Coraggio, pazienza!…. La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura.
Pertanto, in prossimità del Giubileo della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo della Misericordia.
Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma.
Mi rivolgo ai miei fratelli Vescovi d’Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Misericordia è il secondo nome dell’Amore: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40)».
Queste le parole di Papa Francesco all’Angelus di domenica 6 settembre, subito accolte da Monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, che ha subito deciso di dare attuazione pratica a quanto raccomandato dal Santo Padre.
«Le parole semplici ed evangeliche che papa Francesco ha rivolto ieri all’Angelus – si legge in una nota a firma di Mons. Santoro pubblicata sul sito della Diocesi di Taranto, continuano a dare forma al grande Anno di Grazia che ci apprestiamo a vivere nell’autenticità della nostra adesione a Gesù Cristo. Altro non ha fatto il Santo Padre che ricordare all’intera comunità cristiana alcune delle opere di misericordia corporale, dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi’, che nell’Anno della Misericordia non possono che essere per noi prioritarie.
Intanto manifesto ancora stima e riconoscenza a tutti i volontari sia membri di associazioni ecclesiali e non, così come ai più che in questi mesi hanno prestato servizio a titolo personale e con grande generosità per l’accoglienza dei migranti.
Cercheremo di adattare alla situazione contingente l’accoglienza degli immigrati, che a Taranto permangono solo per pochi giorni, perché il nostro territorio, come sappiamo, non offre possibilità di lavoro. Ogni situazione di questi fratelli ha esigenze diverse e disparate. Certo è che le parrocchie e le strutture religiose, sono oggi maggiormente incoraggiate all’accoglienza.
Il nostro aprire la porta è doverosamente in comunione di intenti con le istituzioni perché siano rispettati tutti gli aspetti legali e di responsabilità civile.
Nell’attesa di raccogliere le disponibilità delle singole parrocchie – prosegue la nota di Mons. Santoro – desidero destinare e attrezzare, per la prima accoglienza, in maniera stabile, il monastero Gesù Sacerdote delle Carmelitane Scalze, edificio adiacente al seminario di Poggio Galeso. Per anni questo luogo è stata la dimora di preghiera di monache claustrali che adesso, trasferendosi in un altro luogo desiderano renderlo disponibile alle esigenze caritative dell’arcidiocesi di Taranto. Quelle mura che per decenni hanno ospitato tante donne consacrate a Dio, saranno sicuramente il porto migliore per tante famiglie che speriamo arrivando lì si siano lasciati la morte e la guerra alle spalle, incontrando serenità è maggiore fiducia nel futuro.
L’arcidiocesi rimane sempre impegnata nella costruzione della Casa dell’Accoglienza di Palazzo Santacroce, alle spalle del Duomo, per la cui costruzione si sono impegnati da mesi i nostri sacerdoti e l’intera comunità diocesana.
Spero – conclude Mons. Filippo Santoro – che nella Città vecchia brilli presto come un faro di speranza e di amore misericordioso questo luogo, destinato alla gestione delle emergenze come gli aiuti alle ragazze madri e ai minori, la nuova mensa, il dormitorio e i servizi igienici per i senza fissa dimora.»