Nel 1734 la Puglia fu conquistata dai Borboni che cacciarono gli Asburgo. Era il secolo dei Lumi: il progresso e la ragione trionfavano in Europa e anche in quelle terre proprio alla punta dell’Italia preunitaria.
In Puglia, alla fine del Settecento, mentre la minoranza degli intellettuali contribuiva alla formazione della cultura artistica e scientifica del tempo, dai ceti poveri nasceva un’ invenzione che senza saperlo segnerà la cultura gastronomica regionale, per sempre.
È un’invenzione figlia della povertà e della creatività, ha origine dalla fame, dagli avanzi di pasta per pane dei forni e diventa il simbolo di una regione intera, il tarallo. A Grottaglie c’è chi li produce in casa ma i forni raggiungono l’eccellenza e il tarallo, a distanza di tre secoli dalla sua comparsa rimane un must degli aperitivi e degli spuntini o l’alternativa al pane durante ai pasti, sopravvivendo alle grandi produzioni industriali.
Inizialmente le strisce di pasta lievitata avanzata, quindi un impasto di farina acqua e sale, erano chiuse dai fornai che aggiungevano un po’ di olio di oliva e vino bianco formando delle piccole ciambelle che venivano poi infornate insieme al pane. Con il passare degli anni si è introdotta la brevissima bollitura che rende i taralli lucidi. Il bagno nell’acqua bollente dura solo pochi secondi: i taralli devono solo scottarsi prima di passare in forno dove diventano croccanti e friabili per i nostri palati.
L’evoluzione dei consumi ha coinvolto anche i taralli che hanno preso forme sempre diverse e la ricetta di un tempo si è arricchita di altri ingredienti. È così possibile trovare i taralli classici all’olio di oliva, al finocchio, all’origano, alla cipolla, al pomodoro e perfino alla rapa. I taralli sono presenti anche nella versione dolce con zucchero, mandorle, vincotto, nocciole e cioccolato.
Il tarallo è un prodotto conosciuto da Foggia, dove trionfano gli scaldatielli con i semi di finocchio fino alla punta del Salento che a Pasqua ha le tavole imbandite di taralli dolci glassati. Chissà se è un caso che la forma del “tarallino” amato dai grottagliesi e che accomuna le tavole e le tradizioni di una regione così diversa, ricordi quella di un anello, simbolo di fedeltà e unione.