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Sarò di certo fuori dal coro. Lo so.

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In queste ultime ore si sta sperticando nel nome di Andrea Camilleri. Umanamente sono molto addolorato per la sua scomparsa. Era una voce polemica all’interno del contesto letterario e politico e si apriva a vaste considerazioni che alla fine proponevano, comunque, un pensiero unico, guai a contestarlo.

Ho conosciuto Camilleri molti anni fa e la sua impaginatura scenografica e soggettistica aveva un significato. I suoi personaggi hanno creato importanti percorsi all’interno della letteratura e del cinema. Sebbene abbia lavorato su svariati personaggi, molti dei quali trasposti in chiave televisiva, il suo personaggio più conosciuto è senza dubbio il commissario Montalbano del quale è doveroso, per onestà intellettuale, evidenziarne la carenza di originalità.

Ancora oggi quando si parla di film gialli, non si può non ritornare con la mente al Tenente Sheridan, (al quale ha lavorato anche Camilleri) magistralmente interpretato da Ubaldo Lay, che continua a rimanere una figura di spicco soprattutto in Italia. Dietro al personaggio del “commissario” si aggirano molte figure che contribuiscono ad arricchire la sua soggettività e il l’immaginario dei lettori e telespettatori. Il successo di questo genere letterario-televisivo-cinematografico ha portato anche alla creazione di canali televisi dedicati quali, uno tra tutti, “Giallo” nel cui palinsesto spicca l’elegante e carismatica figura dell’ispettore Barnaby. Un personaggio che nasce da testi letterari e che ha una suggestività notevole.

Camilleri ha ideato il “commissario siciliano”, peccando però di originalità. A mio avviso il maestro in questo ambito continua a rimanere un grande scrittore, purtroppo oggi del tutto dimenticato. Mi riferisco a Leonardo Sciascia.

Camilleri ha costruito la sua fortuna pseudo-letteraria intorno all’invenzione del personaggio. Ma non basta. Il personaggio da sé, non si regge né in letteratura, né nel cinema o in televisione. Egli necessita di una caratterizzazione che viene data dagli ambienti, dalla realtà, dal territorio nel quale si muove ed agisce.

Senza la Sicilia Montalbano cosa sarebbe stato? Senza il pretesto di quella forma dialettale, cosa avrebbe significato? In questo caso specifico il personaggio ha avuto bisogno di essere calato in una realtà bene definita, quella di Licata appunto e con personaggi che giocano sul riso. Pirandello ha insegnato molto.

È proprio qui che si gioca il contrasto che ha giovato a Camilleri: quello di creare un personaggio all’interno di una realtà che l’autore conosceva perfettamente, ovvero la Sicilia e quel particolare territorio. Ciò, tuttavia, non fa di Camilleri un grande scrittore o maestro. Non lo è! In passato abbiamo avuto diverse eccellenze letterarie del livello di Fruttero e Lucentini. Due straordinari romanzieri di grande stile ed eleganza che restano nella storia letteraria, quella vera.

Camilleri, oltre Montalbano, non lascia nulla. Non dobbiamo incorrere nell’errore di attribuire alla sua opera il sentiero dell’originalità. È triste doverlo sottolineare in questo particolare momento. Io ho evidenziato questi aspetti già vent’anni anni fa, in un mio libro. Dopo averlo conosciuto e letto, mi sono reso conto che dietro la figura del commissario vi era un vero e proprio lancio pubblicitario che nasceva da una sicura tradizione in cui i “commissari” stavano sempre al di sopra di sogni sospetto.

Oltre alle vicende di Montalbano, Camilleri non lascia nulla sul piano letterario, così come anche nella visione letteraria. Perfino la sua ultima performance dedicata a Tiresia, che ha spettacolarizzato il tutto, ha avuto il taglio del teatro minore con una teatralità di gran lunga inferiore rispetto al grande teatro greco e latino e alla rappresentazioni teatrali di altro tenore. Di certo non si può accostare il Tiresia di Camilleri alla visione omerica-virgiliana o a quella greco-latina. Dobbiamo fare un distinguo altrimenti si rischia di creare dei falsi mostri teatrali e letterari.

In lui c’è stata un po’ di supponenza nel suo riferirsi a Sciascia e a Pirandello dichiarando addirittura, per esempio, di quest’ultimo, la sua estraneità all’ideologia fascista e nel voler considerarne la visione letteraria in maniera del tutto leggera.

Sciascia è il grande protagonista del romanzo e del film, non solo di tematica mafiosa. Si pensi a Il Giorno della civetta. Un classico della letteratura italiana in questo ambito. Quale sarebbe il classico di Andrea Camilleri? Qui è il punto. Gli episodi del commissario Montabano sono ripetitivi, nonostante l’interpretazione buona dell’attore. Ma se dobbiamo creare un legare tra Camilleri, Montalbano e letteratura io non ci sto, perché non c’è letteratura. Vi è una forma di recupero etnoliguistico, a volte, legato alla peculiare gestualità dei personaggi, ma si tratta di un format prestabilito che si ripercuote di volta in volta, privo di scavo innovativo, nel quale si prevede ogni cosa in anticipo.

Credo sia difficile discutere oggi di questo, ma attenzione perché qui bisogna porre delle premesse che sono di natura letteraria e culturale.

Non vi sono dubbi sul fatto che Camilleri abbia dato un rilevante contributo alla letteratura nel recupero del dialetto, ma non è sufficiente per essere definito un grande scrittore. Lo ribadisco. Il suo successo è stato dato dal personaggio (Salvo Montalbano, alias Luca Zingaretti), ovvero dai vari personaggi (tre in particolari: Mimì interpretato dal bravissimo Cesare Bocci, Peppino Mazzotta nelle vesti dell’ispettore Fazi, Catarella interpretato da Angelo Russo) che si è voluto creare intorno alla figura di Montalbano. C’è il Montalbano-Camilleri e poi? Gli altri testi in cui Montalbano non compare, o in cui la visione del cosiddetto “commissario” non esiste, sono testi di poca considerazione. Offrono un minimo contributo al concetto di letteratura.

Riguardo le sue posizioni ideologiche, ritengo che non abbiano apportato nessun particolare giovamento alla letteratura, in quanto certi giudizi dati da uno scrittore non possono essere un fatto positivo. Sono sempre stato dell’avviso che lo scrittore debba fare lo scrittore, debba inventarsi le storie, costruire i suoi personaggi, recitare e recuperare il senso del destino della letteratura stessa.

Torno a parlare di Sciascia. Un uomo che aveva delle precise idee e posizioni che è riuscito sempre a tenere da parte rimanendo “leggero” e “distante” dalle considerazioni personali. Pensiamo alla grande lettura profetica dell’Affaire Moro. Che grande coraggio! Che grande verità! Sciascia è stato, infatti, un profeta riguardo la questione Moro. In Camilleri vi è ripetizione e considerazioni scontate rispetto ad alcuni scrittori anche siciliani.

Ecco perché è bene riflettere sul ruolo di Camilleri in letteratura. È triste dover scrivere oggi: “muore uno scrittore, muore un personaggio”, ma attenzione a non farne una icona della letteratura perché di fatto non lo è. Un maestro? Non capisco di cosa. I maestri sono ben altri in letteratura. Puntualizziamo e non esageriamo. Ma ritornerò in seguito su tale “questione” Camilleri.

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