Ho visto “Youth – la giovinezza” di Paolo Sorrentino prima della serata finale di Cannes; forte è stata l’emozione, e non solo mia, la si percepiva anche in tutti gli altri spettatori.
Le notizie giunte dalla Francia nei giorni precedenti facevano ben sperare in un prestigioso riconoscimento al nostro cinema migliore…Niente, nessun premio, ma anche La Grande Bellezza, presentato a Cannes nel 2013, ebbe la stessa sorte e poi l’anno dopo vinse l’Oscar.
Il titolo del film a prima vista non sembra adeguato, i protagonisti principali sono infatti due ottantenni: Fred ( Michael Caine ) e Mick ( Harvey Keitel ); il primo è un compositore e direttore d’orchestra ormai lontano dalla vita attiva, il secondo è un regista impegnato in un film che sarà a suo dire il testamento finale. I due sono molto amici, oltre che consuoceri, e si godono una vacanza in un lussuoso hotel ai piedi delle Alpi svizzere, tra massaggi, bagni termali e attenzione ossessiva al corpo, per ritardarne la decadenza. Intorno si muovono altri personaggi, tra cui i figli ormai quarantenni di Fred e Mick, figli confusi, in crisi, in cerca d’identità, ancora in conflitto con i rispettivi genitori.
Per Sorrentino la vecchiaia è libertà dalle ambizioni, dalle ipocrisie della vita sociale. Viene alla mente il personaggio di Jep Gambardella nella Grande Bellezza, che prende consapevolezza del grande regalo che gli portano i suoi 65 anni: la libertà di fare ciò che vuole e dire ciò che pensa. Questo aspetto nella Giovinezza è rappresentato da Fred, che non si lascia tentare da offerte di concerti prestigiosi o autobiografie altamente remunerate e preferisce perdersi nella musica della natura. Ma la libertà non può e non deve diventare chiusura nel proprio egoismo, apatia di fronte alle richieste altrui; trasmettere le proprie esperienze, il proprio sapere può addolcire il trascorrere del tempo, quando i ricordi si annebbiano e il futuro appare lontano e irraggiungibile.
Aprirsi al mondo, agli altri, all’amicizia, a nuove esperienze, tutto questo per Sorrentino può trasformare la vecchiaia in giovinezza dello spirito, certo non è facile sfuggire alle abitudini di una vita, alle incrostazioni della routine, ma solo con il cambiamento si può esorcizzare la morte.
Come nel film “Le conseguenze dell’amore”, anche qui è importante il senso dell’amicizia; lì il pensiero dell’amico che svolge il suo umile e importante lavoro al freddo sulla montagna, dà al personaggio interpretato da Toni Servillo la forza di cambiare, a costo della vita; qui Fred e Mick si raccontano solo le cose belle, scherzano sulle debolezze fisiche della vecchiaia e se il secondo sembra arrendersi di fronte alle difficoltà che si frappongono tra lui e il film, il capolavoro della vita pensava, la sua in realtà non è una resa, è passare il testimone all’amico che lo raccoglie e decide di rimettersi con passione nella vita con un grande ed emozionante concerto.
Questo e molto altro è Youth, e poi c’è la splendida fotografia di Luca Bigazzi, i paesaggi alpini, la rappresentazione di sogni e incubi, come Piazza S. Marco invasa dall’acqua alta ma anche dalla luce; e poi c’è la musica, insomma un film da non perdere, anzi da rivedere più volte.