Zerocalcare è un genio. Difficile scrivere qualcosa di nuovo ed originale su Zerocalcare, quasi più difficile che non cedere all’entusiasmo spudorato che ha generato la lettura di “Kobane Calling”, la sua ultima opera a fumetti disponibile in libreria.
Mentre in precedenza a fornire una anteprima dei volumi che sarebbero stati pubblicati era il suo blog, stavolta “Kobane Calling” è stato preceduto da due uscite su “Internazionale”. In realtà l’idea del volume è arrivata successivamente, e non possiamo che essere grati alla Musa personale di Michele Rech per avergli fornito voglia e talento bastevoli alla produzione di questo volume che raccoglie “facce, parole e scarabocchi da Rebibbia al confine turco siriano”.
Checché ne dica l’amico armadillo, il libro fornisce sulla questione Rojava un contributo molto più chiaro e comprensibile rispetto a quello di “storici, analisti geopolitici ed amanti dell’approfondimento”, anche se si diventa subito consapevoli di essere dalla parte dell’amico cinghiale, che su Kobane e Rojava al massimo ci tira fuori qualche gioco di parole. Perché il fatto è che di questa questione, di questa guerra volutamente dimenticata eppure cruciale per il nostro futuro non ne parla nessuno, e deve arrivare un fumettista trentenne a farti scoprire che i Curdi stanno combattendo contro lo Stato Islamico, ma anche contro la Turchia di Erdogan (in entrambi i casi con il vergognoso disinteresse di una Europa che sa solo piangere ipocritamente i morti di attentati e naufragi) per difendere una Nazione, ma soprattutto il sogno ed il progetto di un popolo che si affida ad un confederalismo democratico regolato da un contratto sociale stipulato nel 2014 e basato sulla convivenza etnica e religiosa, sulla partecipazione, sull’emancipazione femminile sulla redistribuzione delle ricchezze e sull’ecologia. Tutti argomenti di cui si parla molto in televisione e sui media di informazione, non è vero?
Il rischio di pippone intellettuale è sventato dal genio assoluto di Zerocalcare, dalla sua capacità di commuovere e divertire nello stesso tempo, dal suo evocare figure quasi archetipiche (la mamma che a lui che va in una zona di guerra gli raccomanda di stare attento ai pericoli del traffico indisciplinato è mitica), dal suo mostrare i combattenti delle due “Unità di Protezione del Popolo Curdo” non come inarrivabili supereroi ma come uomini e – soprattutto – donne, normali nella loro straordinarietà.
Di fronte a questa lotta epocale, ciliegine sulla torta, le nostre grandi/piccole ossessioni frutto di una vita comoda e sicura: la rapida dipendenza dal Chai, il sentirsi degni di una statua per aver riempito qualche scatola di razioni alimentari, la difficoltà ad adattarsi a colazioni mattutine diverse dai nostri standard alimentari, l’opinabilità del concetto di “pulito” riferito ai servizi igienici, la dipendenza dai telefoni cellulari ed altro ancora.
Se nel suo “L’elenco telefonico degli accolli” Zerocalcare raccontava soprattutto di sé, se in “Dimentica il mio nome” affronta il suo passato, in “Kobane Calling” Michele Rech (vero nome di Zerocalcare) parla di tutti noi, ci mette di fronte alla nostra indifferenza complice, al nostro ipocrita dispiacere di fronte a tragedie annunciate che si ripetono da anni, ma lo fa senza accusare nessuno, fornendoci un punto di vista partecipato e commosso, che nell’epilogo e nell’appendice ti lasciano sorridente ma con le lacrime agli occhi.