Il problema dei prezzi troppo bassi pagati ai produttori agricoli trova purtroppo molti esempi che – negli ultimi anni – oscillano tra l’assurdo ed il grottesco; dall’uva da tavola alle olive, passando per il grano e per gli altri prodotti d’eccellenza del nostro territorio, non passa quasi giorno che dagli agricoltori e dalle associazioni di categoria non si levi un grido di dolore che ammonisce quanto sia insostenibile la situazione. Sembra davvero incredibile, ma oggi una bottiglia d’acqua minerale da un litro è pagata più di quanto viene riconosciuto ai produttori per un chilo di anguria. E non è tutto. Anche i rifiuti alimentari che finiscono nella pattumiera, in molti casi, hanno un costo di conferimento in discarica superiore al valore accordato agli agricoltori per i loro prodotti. Con una differenza sostanziale: per seminare, coltivare e poi raccogliere, i produttori investono, lavorano, si accollano costi e rischi altissimi, per poi trovarsi spesso nelle condizioni di dover lasciare il raccolto nei campi a marcire.
“Un paradosso e una ingiustizia”
“L’ondata dei prezzi al ribasso non è soltanto un paradosso, ma anche un’ingiustizia e uno squilibrio drammatico ingenerato da un mercato che mortifica imprese agricole, lavoratori e valore dei prodotti”, ha dichiarato Raffaele Carrabba, presidente di CIA Agricoltori Italiani della Puglia.
L’organizzazione agricola da tempo sta mettendo in evidenza le dinamiche e gli effetti perversi di un mercato che, per l’agricoltura, si ‘nutre’ del veleno rappresentato da prezzi al ribasso, importazioni selvagge, palese squilibrio nel potere di contrattazione tra i produttori e la Grande Distribuzione Organizzata. La scorsa primavera, clamoroso è stato il caso delle ciliegie pugliesi, col prezzo riconosciuto ai produttori inferiore fino a 15-20 volte al costo imposto ai consumatori nei supermercati.
Il caso delle angurie è stato messo in evidenza, recentemente, anche da ItaliaFruit, il primo network italiano per i professionisti dell’ortofrutta, che ha citato un intervento pubblicato sulle pagine del progetto Biodiverso, quello che segue: “Ancora una volta il prezzo delle angurie è crollato e sta costringendo gli agricoltori a non raccoglierle. E non è il primo anno che succede. Sta succedendo anche per il melone. È successo anche per le patate, a volte per le lattughe. E pensare che 1 kg di angurie, di patate o di altri prodotti, se finisce nella spazzatura, costa alla collettività più di 15 centesimi di euro per finire in una discarica o in un impianto di compostaggio. Costano di più i rifiuti degli ortaggi! Non è concepibile: l’agricoltore lavora mesi e mesi per preparare il terreno, trapiantare, concimare, irrigare, proteggere le colture. E poi rischia di non trovare affatto conveniente raccogliere il prodotto del suo lavoro”.
Anguria, pugliese DOC
Con differenze nelle tipologie coltivate e nella quantità delle superfici impiegate, l’anguria è una coltura presente in quasi tutta la Puglia. Le gelate e, soprattutto, le successive ondate di caldo torrido e siccità hanno pesantemente condizionato la raccolta delle angurie pugliesi. Una parte cospicua del raccolto è rimasto a marcire nei campi.
In alcuni casi, come la stessa CIA Agricoltori Italiani della Puglia ha documentato attraverso video e fotografie, i produttori sono stati costretti a macerare il raccolto.
“Anche attraverso i fondi del PNRR – ha concluso Raffaele Carrabba, occorre lavorare a un riequilibrio dei prezzi, favorendo le aggregazioni tra produttori per aumentare il potere contrattuale degli stessi nei confronti della GDO e realizzare grandi campagne d’informazione e promozione dei prodotti italiani, che continuano a offrire garanzie incomparabilmente superiori a quelli provenienti dal resto del mondo sia in termini di salubrità che di gusto e sostenibilità ambientale.
Difendere i produttori e i prodotti italiani significa sostenere aziende che danno lavoro, tengono vive le zone interne e rurali del Paese, sostengono il reddito di migliaia di famiglie anche nell’indotto, preservano la biodiversità e le tipicità che alimentano il successo del made in Italy.
Gli agricoltori sono un presidio fondamentale sul territorio anche per contrastare l’abbandono dei territori e, con esso, il rischio che intere aree siano lasciate al rischio di essere divorate dagli incendi e danneggiate dal dissesto idrogeologico”.