La luce, nelle sue varie declinazioni e significati, ha da sempre una notevole importanza pratica e simbolica per l’essere umano, tanto che alcune delle più note ed importanti leggende e mitologie la vedono come protagonista ed è, solo per citare un esempio, una componente fondamentale del prologo del Vangelo di Giovanni, in cui viene evidenziata la sua importanza nella lotta contro le tenebre.
Quattro giovani talenti grottagliesi sfruttano invece la luce al servizio della fotografia, ed espongono alcuni dei loro scatti nelle sale del Castello Episcopio, in una esposizione scarna che quasi costringe il visitatore a dedicare la sua attenzione alle opere esposte, senza distrarlo con roboanti installazioni o accessori di contorno.
Elisabetta D’Amicis, Fabio Mazza, Paola Spagnulo e Ernesto Santoro hanno quattro stili diversi e diverse sono quindi le loro modalità di impiego della luce; più pragmatica l’una, più onirico l’altro, più evanescente l’altra ancora, più immaginifico il quarto, e ciascuno di coloro che legge potrà attribuire questi aggettivi – ed altri ancora – agli autori citati. Quello che hanno in comune – e si vede – è la voglia di “mettersi in gioco”, di uscire dall’accademia, di ripercorrere le solite vecchie strade, di fare il verso ad artisti più famosi ed affermati.
Le opere esposte sono diverse tra loro, molto diverse, e difficilmente piaceranno tutte a tutti, ma sarebbe davvero meschino fermarsi a stilare classifiche, a trinciare giudizi e ad alzare palette; oggi più che mai abbiamo bisogno di incoraggiare questi ragazzi, di dargli l’occasione di provare, di rischiare, di “esporsi” (in tutti i sensi), perché solo così i fermenti vitali che devono costruire il futuro prossimo venturo possono crescere e migliorare.
La mostra è un salutare tuffo nella fantasia e nella creatività, stupisce per la sua semplicità ed ammalia per il sottile gioco di specchi e prospettiva che offrono alcuni degli scatti esposti, a volte travolge con colori carichi e paesaggi ingombri di oggetti, altre volte sfuma in immagini diafane e sfuggenti. Allo spettatore il compito di cercare il raggio di luce che unisce, collega e rivela la bellezza ed il talento che queste opere offrono evidente, pur senza sbandierarlo in un presuntuoso autoproclamarsi artisti.