Ilva : attualmente, una situazione drammatica che rischia di esplodere se non si adotteranno, a breve, azioni anche di carattere straordinario per scongiurare il tracollo: della fabbrica, dei lavoratori, dell’indotto, della città.
E’ questa, in breve, la valutazione emersa dall’incontro tenuto in Confindustria, alla presenza del Presidente Vincenzo Cesareo, fra i componenti il consiglio direttivo della sezione metalmeccanica- presente il Presidente Pietro Lacaita- ed i segretari generali di Fim Fiom e Uilm di Taranto Valerio D’Alò, Giuseppe Romano e Antonio Talò. La situazione è tale da far temere il cosiddetto collo dell’imbuto, che una volta imboccato non può più consentire alcun margine di manovra: la cessione dei complessi aziendali dell’Ilva e l’avvio delle procedure per il trasferimento delle aziende che fanno capo alle società del gruppo, ora in amministrazione straordinaria, si stanno infatti velocemente concretizzando: dal 10 gennaio scorso, si sono aperti i trenta giorni concessi dall’avviso internazionale per la presentazione delle manifestazioni di interesse dei gruppi e delle società interessate all’acquisizione.
Cosa sta succedendo nel frattempo? Confindustria e sindacati si sono interrogati brevemente e la situazione è apparsa subito, da entrambe le parti, particolarmente critica.
I numeri sono, più di ogni altro aspetto, a parlare chiaro: ad oggi sono 1021 i dipendenti dell’appalto in cassa integrazione, ordinaria e straordinaria; 136 le procedure di licenziamento già concluse e 3.510 i dipendenti diretti con contratto di solidarietà.
Le aziende dell’appalto, già penalizzate fortemente dai crediti pregressi e mai ottenuti, si trovano in una situazione di stand by dovuta al fermo pressoché totale della produzione. I dipendenti della fabbrica, dal canto loro, guardano al futuro imminente senza alcuna garanzia e oramai pochissime certezze. I processi di ambientalizzazione sono al palo, in vista probabilmente degli scenari che si delineeranno da qui a breve con l’ingresso dei privati.
La città, manco a dirlo, risente pesantemente della fase di stasi – oramai molto lunga –che la vicenda ha inevitabilmente provocato, e gli ultimi provvedimenti del Governo, fra cui le risorse rivenienti dalla legge di stabilità, appaiono insufficienti e comunque non di immediata fruizione.
Il sistema Taranto, insomma, rischia un tracollo senza ritorno. Confindustria – è stato ribadito nel corso dell’incontro – non può rimanere inerme davanti ad una crisi di queste proporzioni; i sindacati, dal canto loro, hanno nei giorni scorsi inscenato una protesta in consiglio comunale coinvolgendo anche i sindaci degli altri comuni per fronteggiare una situazione che inevitabilmente coinvolge tutta la provincia; contestualmente, hanno programmato una serie di incontri con le rappresentanze sindacali dell’indotto per stabilire i provvedimenti da intraprendere. Successivamente al 10 febbraio, data in cui si concluderà il primo step di cessione ai privati dell’Ilva, sono in calendario incontri serrati con i consigli di fabbrica per adottare tutte le azioni che si riterranno opportune.
Da qui la decisione dei presenti di continuare a vedersi per delineare strategie comuni e coinvolgere le istituzioni del territorio ed altre organizzazioni datoriali (commercianti, artigiani ecc.) al fine di sensibilizzare il governo sulla drammatica situazione in atto.
Confindustria e sindacati, intanto, hanno calendarizzato una serie di incontri per fare il punto sui passaggi da concretizzare dopo il 10 febbraio prossimo, non escludendo – per i rispettivi ambiti di competenza- azioni, anche clamorose, di protesta e mobilitazione.