«Non ci fidiamo più e il clima che in questi giorni si respira attorno all’ILVA sa ancora di inganno e di parole poco chiare».
E’ la stoccata del segretario generale della CGIL di Taranto, Paolo Peluso, che dopo i proclami e le promesse avanzate dalle due cordate in campo interessate all’acquisizione del siderurgico tarantino, decide di tornare al cuore del problema.
«In questi giorni assistiamo alle sperticate enunciazioni pubbliche da parte di Arcelor e Jindal – dice Peluso – Un rincorrersi tra chi la spara più grossa a suon di milioni di euro e piani industriali che guarda caso non vanno mai oltre i 6milioni di tonnellate (il tetto massimo per inquinare di meno) e messaggi rassicuranti sul piano dell’occupazione. E’ una impostazione che ci lascia più che perplessi perché non solo non conosciamo i veri piani industriali di queste cordate ma soprattutto non abbiamo cognizione di causa rispetto all’aspetto più importante, ovvero quello delle bonifiche e dell’ambientalizzazione degli impianti.
Anche l’ultima uscita pubblica al TG1 di Antonio Marcegaglia partner di Arcelor Mittal sconcerta – commenta ancora il segretario della CGIL – tanti numeri e nessun richiamo, nessun accenno al Piano ambientale e agli obiettivi che la città, la comunità tarantina, pretende si realizzino sul piano degli obiettivi di salvaguardia della salute.
La CGIL denuncia una netta divisione tra i temi che rischia di pagare soprattutto il territorio.
Sentiamo parlare spesso anche di bad company, l’eccezione negativa di un processo che farebbe confluire proprio nella società che rimarrebbe sotto il controllo dei Commissari Straordinari, la forza lavoro e la mission di parte delle bonifiche da effettuare in quell’area industriale – sottolinea Peluso – un trucco semantico che mostra quanto e come sia marginalizzato e marginale il ruolo di quei lavoratori e di quell’azione indispensabile e direi vitale per il futuro dell’acciaio a Taranto.»
«La nostra richiesta su informazioni più dettagliate relative ai Piani Industriali – commenta poi Giuseppe Romano, segretario generale della FIOM CGIL di Taranto – nasce dalla considerazione che la conoscenza degli assett produttivi e occupazionali che riguarderanno l’ILVA futura, va armonizzata con quello che accadrà sul piano della messa in sicurezza e ambientalizzazione dell’intero ciclo. Separare le due cose significa scomporre il problema e presentarlo alla comunità e alla platea di lavoratori interessati con faciloneria e approssimazione. Vizi che Taranto non può correre il rischio di scontare di fronte ai rischi sulla salute e l’occupazione della sua popolazione.
Un appello che la CGIL non intende far cadere nel vuoto e che nei prossimi giorni sarà rilanciato anche al tavolo del CIS e alla presenza del Ministro De Vincenti.
Occorre un lavoro di integrazione che guardi all’insieme dell’emergenza Taranto e i tempi che riguardano le bonifiche ad esempio non depongono a favore di questa tesi. Lungaggini e scarsi risultati – dice ancora il segretario della CGIL – dentro e fuori la fabbrica, con gli scarsi interventi che hanno riguardato gli impianti, e le azioni ancora poco incisive che riguardano ad esempio la gestione del Commissario Corbelli. »