«La Commissione Ue ha scoperto un nuovo ‘aiutino’ di Renzi all’Ilva, quello dei 300milioni che abbiamo denunciato da tempo.» Lo dice l’eurodeputata del Movimento 5 Stelle, Rosa D’Amato, commentando la decisione della Commissione europea di allargare la sua inchiesta per presunti aiuti di Stato all’Ilva.
«Nel mirino di Bruxelles – afferma l’europarlamentare tarantina – è finito il prestito di 300 milioni che era stato concesso dall’Italia a dicembre e che l’Ue ha scoperto solo ora. E, come norme antitrust impongono, ha allargato la sua indagine contro l’Italia per aiuti di Stato. Ma Bruxelles, oggi, è andata oltre, e ha di fatto dato ragione a chi come noi si batte perché, sgombrato il campo dalla fuffa delle diatribe sulla vendita dell’impianto, il governo Renzi faccia cio’ che puo’ e deve fare immediatamente senza alcuna preoccupazione di venire stoppato dall’Ue: sganci i soldi per attuare ‘le misure urgenti e necessarie’ per bonificare Taranto. E poi, recuperi questi soldi da chi ha inquinato. Più chiaro di cosi’ solo Renzi puo’ non capirlo.
Dato che la Commissione Ue non sembra ricevere tempestive segnalazioni dal governo italiano sullo stato dell’Ilva – continua D’Amato – da eurodeputata mi permetto di segnalare che oltre all’emergenza ambientale, c’è anche un’emergenza sicurezza. In questi mesi, ho segnalato agli enti competenti, grazie alla collaborazione anonima di qualcuno con la coscienza a posto, le pessime condizioni di alcuni serbatoi che espongono i lavoratori a cadute dall’alto, manovre scomode e pericolose, presenza di fusti con materiale probabilmente tossico e strani usi di serbatoi e vasche.
Tra le segnalazioni – prosegue l’eurodeputata tarantina – quella relativa all’incidente del 22 gennaio scorso inerente la perdita di una tubazione contenente soda. A quanto pare, lo SPESAL si è attivato effettuando gli accertamenti e inoltrando una informativa alla Procura della Repubblica di Taranto a cui fanno capo le indagini tuttora in corso. Emergono situazioni molto critiche sullo stato di usura delle attrezzature antincendio, sulla loro disposizione e la difficoltà di accesso e uso delle prese antincendio in alcune parti di impianto e sulla assenza del contenuto delle cassette antincendio: tutto cio’ ricorda quanto accaduto alle acciaierie torinesi della Thyssenkrupp. Prima che accadano altre tragedie, fermiamo quel mostro».