Di pietra e di acque
le mie terre greche
hanno voci di assenza
e di ortiche.
Come nelle estati dei falò
al bordo delle esistenze
le memorie
hanno profumi di ginepri
per amori infedeli
nei porti di Enea.
Ci fu un canto perso
che riascolto nell’alba
di un troppo vissuto
volo d’aquila
che sa di favola
oltre ogni storia sfinita
che fa rima con finita.
Mio padre Anchise
mi condusse a raccogliere
le stelle e le nostalgie
nei fasti dell’Ade
che ombre soltanto
mi sfiorarono.
L’amore ebbe il sussulto
di anni scavati
a raccogliere conchiglie di mare
per l’impossibile sfida
dei destini che il fato incendió
per una Troia che diede
il nome alla morte
di Creusa
nella partenza dei penati.
Di Circe ebbe la magia
ma non si curò della malinconia
e credette che l’immortalitá
fosse mercanzie d’amanti erranti.
Neppure Didone trattenne
alla sua riva il fuggiasco
e di morte morì
come donna che tradì
di memoria la sua casa.
Alcuno rimase
dove qualche altra avrebbe voluto
che restasse per un tempo
impareggiabile
sino agli Idi di agosto.
Di libertà si viaggia
e di codardia si fugge.
Gli dei deposero al centro di un’onda
una danza di tenebre
per raccogliere
la virtù del silenzio
e il pianto
che mai toccò gli occhi
della regina dItaca.
Sono nato tra greche pietre
ma distante da Zacinto
e di acque furono
le strade che percorsi
per giungere
sino al mistero delle lune
tra le mani
di un silenzio guardato
e di un vento taciuto.
Fu in Idi di agosto
che tutto accadde
o tutto si raccontò
per una pietà che piantó
il suo divino furore
alla fine del mistero.