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La chiesa dedicata alla Beata Vergine del Monte Carmelo, popolarmente conosciuta come Madonna del Carmine, è da secoli uno dei fulcri della fede grottagliese, testimoniata nei secoli dalla imposizione dei nomi come Carmine, Carmelo e Carmela ai neonati.

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Nella zona in cui un tempo era ubicata una delle porte di accesso alla città sorge un tempio che ospita e protegge opere d’arte e preziose testimonianze di fede.

Dalla lapide funeraria della famiglia Cicinelli al mezzo busto in pietra tiburtina che ricorda Antonio Marinaro, passando per il monumentale presepe in pietra policroma realizzato da Stefano da Putignano e le tele che immortalano uomini illustri come Padre Nicola Maria Ricchiuti o scene religiose come la deposizione di Cristo dalla Croce del Cunavi, San Gaetano con Bambino e angeli musicanti del Fenoglio e – ovviamente – il quadro raffigurante la Beata Vergine del Monte Carmelo, ospitata nella cappella che conclude la navata destra.

Sull’angusto spiazzo su cui si affacciano tanto la confraternita del Carmine che l’ex convento che dopo la riforma murattiana divenne carcere mandamentale ed oggi è destinato a laboratorio urbano, la facciata realizzata nella prima metà del XVIII° secolo accoglie il fedele con le immagini della Vergine del Carmelo effigiata nel medaglione soprastante l’ingresso centrale ed affiancata dalle statue dei profeti Elia ed Eliseo alloggiate in due nicchie laterali.

L’interno della chiesa è diviso in tre navate, segnate dalle modifiche e dai restauri non sempre felici che si sono succeduti nei secoli. A ricordarne l’origine, i documenti che raccontano della donazione agli inizi del ‘500 da parte del sacerdote Romano de Romano di una piccola casa e di una cappellina che probabilmente già accoglieva il culto mariano ed una lapide commemorativa in marmo, presente nella cappella del presepe, che testimonia della donazione effettuata da Turco Galeone per realizzare la cappella stessa.

Da cinque secoli il culto mariano è vivo e palpitante tra la popolazione grottagliese, rinnovato nelle cerimonie religiose, nelle processioni e negli eventi liturgici così come ricorre anche in tradizionali modi di dire, come nel caso del “vento del Carmine“, che aiuta i contadini a separare il grano dalla pula dopo le operazioni di mietitura estive.

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