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Questa straordinaria opera d’arte da secoli abbellisce la chiesa dedicata alla Beata Vergine del Monte Carmelo a Grottaglie; ad affascinare i tanti visitatori che vengono ad ammirarlo non sono solo le imponenti dimensioni o la minuziosa cura dei dettagli dei personaggi, ma anche la sua storia, che è così curiosa da sembrare inventata.

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Realizzato nel 1530 da Stefano Pugliese, detto Stefano da Putignano in omaggio alla sua città natale, questo gruppo scultoreo realizzato in pietra policroma è attualmente ospitato in una cappella laterale della chiesa, fatta costruire nel 1530 da Turco Galeone, ricco possidente e benefattore grottagliese.

Una riscoperta fortuita

Come molti altri monumenti e tesori d’arte, anche questo presepe venne – sia pure parzialmente – ricoperto e nascosto dall’oblio del tempo, finendo nascosto da polvere e terra.

La sua riscoperta avvenne grazie alla cura ed all’impegno di Don Dario Palmisano e Don Cosimo Occhibianco, che nel dicembre 1960, volendo fare qualcosa di diverso dal solito presepe realizzato con statuine in gesso e creta, decisero di riportare agli antichi fasti questa monumentale opera d’arte, rimuovendo la larga vetrata che lo separava dal pubblico, pulendo le statue e spazzando il pavimento della grotta.

E fu proprio durante queste opere di pulizia che venne individuata una iscrizione che individuava senza ombra di dubbio l’autore di questo capolavoro, ovvero Stefano Pugliese da Putignano.

Stefano Pugliese, detto Stefano da Putignano

Nato a a Putignano , quasi certamente intorno al 1470, poco si sa della vita di questo artista, ricostruita principalmente in base alle tracce lasciate dalle sue opere, tanto affascinanti e particolari da farlo eleggere ad esemplare rappresentante della scultura rinascimentale pugliese.

La sua formazione avvenne probabilmente in terra abruzzese, con successivi contatti con la scuola napoletana, mentre la sua opera si svolse quasi esclusivamente con committenze pugliesi, spaziando da nord a sud, da Sant’Agata di Puglia sino a Nardò.

A caratterizzare ulteriormente il suo legame con il territorio di nascita, la particolarità condivisa con molti altri scultori pugliesi suoi contemporanei, che per la realizzazione delle loro opere utilizzarono blocchi di pietra locale, successivamente dipinta a colori vivaci dopo la lavorazione.

Un opera imponente

Il presepe conta oggi 24 figure ma all’origine era assai più ricco; ha come focus centrale la scena della natività di Gesù, con l’impianto classico che vede il bambinello, dal volto paffuto ed espressione allegra, posato in una culla di fortuna. Al lato del giaciglio, una giovane Maria, vestita con un abito ricco di pieghe ed eleganti panneggi, il volto con una espressione serena e solenne e le braccia conserte in grembo come nella scena fissata nell’altorilievo della Annunciazione presente nella chiesa matrice; dall’altra parte un San Giuseppe anziano e canuto, che potrebbe avere il volto dello stesso Stefano da Putignano.

Dietro la culla, con il muso nella mangiatoia, il bue e l’asino, ispirati dal presepe di Greccio che volle San Francesco, che con il loro fiato scaldano in santo infante. Ai lati, due dei tanti angeli che arricchiscono questo presepe, entrambi con due cartigli che riportano le scritte in latino “GLORIA IN EXCELSIS” e “ET IN TERRA PAX HOMINIBUS”.

Intorno al nucleo centrale altri angeli, alcuni con degli strumenti musicali tipici dell’epoca di realizzazione del presepe: una ghironda, una specie di chitarra ed uno strumento a fiato. Altri angeli invece mostrano diversi cartigli, con le frasi augurali che sottolineano il sacro evento.

Non possono mancare i tre Magi, che qui sono in groppa a dei cavalli e non su dei cammelli. I tre ambasciatori recano i classici doni dell’incenso, dell’oro e della mirra, a cui si aggiunge una originale scimmietta.

A fare da contorno ai personaggi principali sono numerose figure popolari, zampognari, pastori e contadini, alcuni ritratti nell’atto di adorare il bambinello, altri distratti come il classico “sbantuso” presente in molti presepi del Meridione, altri ancora colti in azioni quotidiane, come mangiare un piatto di fave. Tanti anche gli animali, oltre quelli citati, tra cui – ovviamente – molte pecore.

Poi, alzando lo sguardo, al di sopra del gruppo scultoreo, un imponente statua di San Michele Arcangelo, quasi contemporaneo del presepe, commissionato e alloggiato sul presepe da Don Francesco Gaeta.

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