Enormi camion affollano le tortuose strade di campagna in questi giorni. Siamo in Puglia, a Grottaglie, in pieno periodo di raccolta dell’uva da tavola, l’oro giallo di cui la cittadina in provincia di Taranto è Regina.
Qui non ci sono spalliere dedicate all’uva di vino. Qui regna l’uva quella bella, quella destinata alle tavole. Grappoloni luccicanti, gialli, pendono dai tralci di vite piantati a tendone. Sono le colture della varietà Victoria. Un frutto di origine rumena che da almeno trent’anni ha spodestato la varietà Regina, divenendo ben presto il punto di riferimento sul mercato.
Questi sono giorni importanti per i coltivatori diretti grottagliesi. Si tratta, si contratta. Si rinuncia e si rischia. C’è chi ha scelto di vendere abbassando magari un pò il prezzo, soluzione che non è cosi tanto azzardata ma che può rivelarsi invece assai azzeccata. Tagliare subito significa raccogliere bene adesso. Mettersi al riparo da rischi derivanti dal clima e dai batteri che posso attaccare continuamente il prodotto. In più si risparmia su irrigazione, trattamenti fitosanitari, operazioni di pulizia degli acini essiccati o di quelli beccati dagli uccelli. Per non parlare dei malanni di stagione, come l’antipatico cerchietto. Insomma tagliare prima ad un prezzo inferiore non significa necessariamente perdere soldi. Anzi. Cosi ragione l’agricoltore che decide di vendere subito.
C’è chi invece sceglie di aspettare. Sceglie di rischiare. Studiare il clima. Magari si basa sulle annate precedenti, sulla propria zona territoriale, sul vento, il sole e l’acqua. Fa le sue opportune analisi e tira il prezzo. Non vende subito ma aspetta magari che il mercato richieda l’uva proprio quando sta per terminare e quindi quando il prezzo può rialzarsi.
Ogni agricoltore, coltivatore, sceglie la linea che reputa migliore. Scommettendo sulla propria scelta, perchè, nonostante le opportune analisi, le deduzioni e gli accorgimenti, il prodotto è perennemente esposto all’azione climatica, seppur coperto dai teli, è sempre soggetto all’azione ormai imprevedibile del meteo.
Ma torniamo al raccolto. In questi giorni, come dicevamo, i tratturi grottagliesi sono pieni di furgoni, camioncini, a volte anche tir. Pronti a stipare uva. Quella grottagliese. Quella di Puglia.
Negli ultimi trent’anni l’organizzazione ha subito dei grandi miglioramenti. Un tempo, per esempio, il taglio e l’imbastimento dell’uva delle cassette di legno era riservato unicamente alle donne. Prima scelta del commerciante perché ritenute più accorte, più precise, più accurate nell’imballare l’uva. Ai maschi era delegato il compito di trasportare le cassette sul trottatore, quindi sulle pedane di legno, e allestirle con la reggia sui camion parcheggiate lungo la strada. Al massimo, il maschietto, poteva tagliare il grappolo, che finiva adagiato su una cassettina temporanea posizionata ai lati di quella dell’ilmballo definitivo. Stava alla donna, prendere l’uva e stiparla a dovere. Una maestria riservata solo a loro. Oggi è cambiato. Nonostante siano sempre le donne a esser di gran lunga le operatici che imballano il prodotto, ogni tanto si vede anche qualche maschietto. Complice anche l’utilizzo ormai assodato del muretto direttamente tra i filari del vigneto. Un tempo c’era un trattore che tirava un carretto. Su questo gli uomini, avendo braccia più forti e robuste, stipavano temporaneamente le cassette cariche di prodotto su di esso. Il trattore, a carretto pieno, raggiungeva il camion posizionato lungo la strada. Qui le cassette venivano stipate su una pedana posizionata già sul camion. Oggi l’organizzazione è cambiata. Le pedane vengono stipate a terra e il muletto o traspalle le posiziona sul camion.
Una scelta organizzativa che fa risparmiare tempo e fatica. Una scelta intelligente che fa parte del nuovo modo di concepire il raccolto. Si pensi che oggi i banchetti che le operatrici usano per imballare l’uva sono dotate di bilancia elettronica. Ogni cassetta, cestino, o contenitore viene pesato. E deve raggiungere il peso necessario. Ne di meno ne di più.
Un tempo alle imballatrici era richiesto di saper adagiare con maestria l’uva nella cassetta, tra una plastica e l’altra, senza “lavarla”, ovvero senza togliere la patina opaca posizionata su ogni acino, e chiudere il tutto con due fettucce colorate. Oggi il mercato ha richiesto diverse, sempre più specifiche. Ogni taglio, ogni raccolto è diverso dall’altro.
Ci sono commerciati che per esempio rivendono il prodotto direttamente alle grandi catene degli ipermercati. Sia italiane che straniere. Ognuno con le proprie richieste. Succede a volte che gli operatori passino nello stesso campo più di una volta, anche in giorni diversi. Prima si tagliano i grandi grappoloni, avvolte dal pvc trasparente e imballate nelle cassette di legno. Poi si passa ai grappoli medi, questi vengono invece stipate all’interno di cestini trasparenti. Ogni cestino deve pesare un kg preciso, ha una sua etichetta, il suo lotto di appartenenza, l’origine e persino il talloncino dell’operatore che lo ha preparato. il tutto per una tracciabilità precisa, trasparente, accurata.
Se trent’anni fa bastava un paio di forbici, una cassetta, un banchetto e delle fettucce oggi la situazione è ben cambiata: diverse tipologie di cassette, cestini trasparente, plastiche in pvc, bilancia elettronica, muretti, ecc.ecc.
La Puglia è stata fin dai tempi della Magna Grecia terra di produzione vinicola e di uva da tavola. Per quanto riguarda le varietà incluse nell’Uva di Puglia IGP, abbiamo le prime testimonianze alla fine del 1800 quando inizia a riscuotere un discreto successo nel settore delle esportazioni. A quanto sembra, infatti, l’Uva di Puglia mostrò una miglior mantenimento delle caratteristiche organolettiche giungendo in ottimo stato su mercati internazionali come quello tedesco. Nel 1975, l’esportazione dell’Uva di Puglia era pari al 62,4% dell’intera produzione di uva da tavola italiana destinata all’estero, tasso che raggiunse il 74,1% dieci anni dopo.
La ruota gira però e come la Victoria trent’anni fa spodestò la Regina oggi è la volta dell’Apirene che sta soppiantando sempre più l’uva dagli acini grossi. Una scelta dettata dal mercato. Una scommessa che il coltivatore diretto, l’agricoltore, dovrà prima o poi fare per continuare ad essere competitivo e ripagare l’annata fatta di sacrifici e fatica.