“Tutti i vincoli che impediscono la ripresa debbono essere soppressi per il bene comune, in modo da favorire l’occupazione. Le imprese – che si trovano da anni sull’orlo del collasso dovuto al pesante costo del lavoro, alla recessione economica, all’insensibilità del sistema creditizio e all’inesperienza politica della seconda Repubblica – vanno agevolate nelle assunzioni e i sindacati non devono creare resistenza, ma agevolare il processo di incentivazione dell’occupazione”. Così conclude il presidente della CILA Nazionale e della UILS (Unione Imprenditori e Lavoratori Socialisti), Antonino Gasparo, tirando le somme del dibattito organizzato in occasione del 118esimo anniversario della nascita di Sandro Pertini, il presidente “più amato dagli italiani”.
“La UILS – si legge in un comunicato della stessa associazione, movimento politico di ispirazione socialista sensibile da sempre ai problemi sociali, sollecita la classe dirigente “ad assumersi le responsabilità sociali necessarie per interrompere l’espansione del disagio sociale che ha compromesso la stabilità della civile convivenza nel Paese, attuando gli impegni assunti con gli elettori”.
Pertini, secondo la UILS, nelle attuali circostanze avrebbe, senza perdere un istante, individuato il politico più affidabile per dargli il compito di portare l’Italia fuori dal disastro che la politica e l’economia hanno provocato.
“Renzi, se vuole risollevare il Paese e porlo positivamente ai vertici mondiali come lo era nel periodo del governo di centro-sinistra, deve compiere un’attenta riflessione sulla politica di Bettino Craxi, il più prestigioso premier degli ultimi decenni, che riuscì a portare l’Italia al secondo posto dopo il Giappone, come potere di acquisto, e al quinto posto tra i paesi più industrializzati del mondo – continua Gasparo. In quel contesto l’Italia godeva di prestigio internazionale ed era punto di riferimento per tutti gli stati europei. Se oggi Craxi fosse in vita e avesse il compito di guidare il governo, a nostro parere, il successo non mancherebbe e l’Italia ritornerebbe ad essere garanzia per il mondo”.
Gasparo sottolinea che “l’Italia ha urgente bisogno di una politica economica e occupazionale per assicurare il lavoro e la ripresa produttiva. Questo sarà possibile se il governo avrà il coraggio di fare la riforma globale delle leggi sul lavoro e abolire tutti i vincoli, compreso l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori voluto fortemente nel 1970 dal ministro del Lavoro, Giacomo Brodolini, già vice-segretario generale della Cgil.
In questo periodo imprenditori e lavoratori hanno necessità di essere liberi nella contrattazione del rapporto lavorativo. Ciò non si deve percepire come mancanza di tutele, ma, al contrario, come garanzia per i lavoratori di trovare più facilmente un’occupazione e per le imprese di avere maggiore interesse ad ammodernarsi e svilupparsi per essere più competitive rispetto alla concorrenza internazionale”.
La UILS ritiene che “in un momento di crisi e di recessione come è quello attuale, siano necessarie profonde riforme sociali. Per fronteggiare la disoccupazione, per evitare il ricorso ai licenziamenti e l’incremento del lavoro sommerso, che molte imprese sono costrette a sfruttare per sopravvivere, va liberalizzato il rapporto di lavoro tra lavoratore e imprenditore.
Tale innovazione non deve essere considerata penalizzante per il lavoratore ma, al contrario, come garanzia estrema alla quale lo Stato deve partecipare con un apposito strumento per integrare l’eventuale quota salariale mancante al minimo non corrisposto dal datore di lavoro. In questo modo si eviterebbe che lo Stato sperimenti altri interventi temporanei che non portano ad evoluzioni positive delle situazioni di crisi, ma ad ulteriori appesantimenti della finanza pubblica.
Ciò consentirebbe inoltre la salvaguardia del tessuto produttivo e delle professionalità dei lavoratori, una più rapida ripresa economica ed occupazionale e farebbe affluire risorse al bilancio dello Stato.
Una politica dei redditi più equa ed equilibrata – conclude il comunicato della UiLS, dovrebbe prevedere anche una soglia massima (non superiore a 5.000 euro) e una minima che siano ragionevoli e razionali per tutti, compresi quelli del Capo dello Stato e del presidente del Consiglio, evitando enormi dislivelli economici e quindi sociali, secondo quanto previsto dalla Carta Costituzionale.
Noi non diciamo al governo: ‘devi fare questo, non devi fare quello’. Noi formuliamo proposte e indichiamo una via da seguire. Basta con gli annunci, basta con i luoghi comuni. Servono i fatti”.