Fumata se non nera, certamente grigio scura al Ministero dello Sviluppo Economico tra Francesco Caio, consulente del governo per Arcelor Mittal , l’Amministratore Delegato di Arcelor Mittal Lucia Morselli, i rappresentanti del Mef e i commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria.
Dopo giorni di speranze, alimentate anche dai propositi del Governo sul “Cantiere Taranto”, all’ennesimo confronto tra le parti si è confermata la linea dura della multinazionale franco indiana che ha presentato un piano “lacrime e sangue” per il futuro dell’ex Ilva, con 4.700 esuberi al 2023, di cui 2.900 da espellere da subito dalla forza produttiva.
Una vera e propria doccia fredda, che ha trovato una altrettanto dura risposta dalle parti sociali e politiche, che hanno respinto al mittente la proposta.
I sindacati: “Rimane valido l’accordo del 2018”
Per i sindacati la proposta di Arcelor Mittal è irricevibile ed hanno confermato di ritenere valido l’accordo del 2018. A far pesare il loro dissenso si aggiunge la decisione di organizzare per il 10 dicembre uno sciopero generale ed una manifestazione nazionale a Roma.
Per Landini, segretario generale della CGIL, quello di AMI «Non è un piano industriale, è un progetto di chiusura nel tempo di Taranto e di Ilva»; altrettanto critica Anna Maria Furlan, segretaria generale della Cisl, che ha ribadito che l’incontro è andato malissimo, che non ci sono le condizioni per aprire un confronto e che «non esiste alcuna possibilità di aprire una discussione di merito se la proposta dell’azienda rimane questa».
Patuanelli: “Deluso dai passi indietro dell’azienda”
Il Ministro dello Sviluppo economico ha usato toni più diplomatici ma altrettanto chiari, dicendosi deluso dai passi indietro dell’azienda, pur evidenziando che il nuovo piano industriale di Arcelor Mittal prevede per il 2023 un forno elettrico e una produzione finale di 6 milioni di tonnellate. Stanti così le cose, il Governo dovrebbe presentare (il condizionale è d’obbligo) entro pochi giorni un suo piano industriale che metterà insieme lavoro, produzione e ambiente, prevedendo per lo stabilimento siderurgico l’impiego di forni elettrici ed altre tecnologie ecosostenibili per una produzione di 8 milioni di tonnellate di acciaio, tutelando gli attuali livelli occupazionali.
Melucci: “Catastrofe annunciata”
Il Sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, non nasconde la sua rabbia: in un territorio già fortemente provato dalle migliaia di addetti in cassa integrazione, con le aziende dell’indotto strangolate dal mancato pagamento delle loro fatture, l’ottimismo è merce rara e più di qualcuno si aspettava il peggio. Delusione non vuol dire però rassegnazione, e il primo cittadino ionico si fa portavoce delle istanze del territorio: «Il Governo ora ci dica come e se intende tenere aperta la fabbrica, come assicurerà reddito a migliaia di cittadini e bonifiche miliardarie ad una città che ha sacrificato tutto per il bene e il prestigio dell’Italia».
Borraccino: “La proposta di AM InvestCo va respinta totalmente”
«Il nuovo Piano di Arcelor Mittal sa di ricatto e non garantisce comunque ne tutela dei posti di lavoro e ne tutela della salute e del territorio.» E’ quanto dichiara Mino Borraccino, Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Puglia.
«La proposta di AM InvestCo – aggiunge Borraccino – va respinta totalmente non solo perché prevede circa 6000 esuberi, già di per se un fatto inaccettabile, ma soprattutto poiché è inaccettabile che un Governo possa accogliere una proposta al ribasso, sulla pelle di lavoro e salute, dopo che vi è già un contratto firmato che Mittal non sta rispettando. »
L’assessore ionico chiede al Governo centrale di prendere in mano la situazione e di dettare le regole, a partire dal rispetto degli standard ambientali e sanitari: «Ritengo che oggi come non mai, sia necessario che il Governo imponga una nuova AIA che contenga la Valutazione del Rischio e dell’Impatto Sanitario per definire quali siano gli standard tecnologici e si tutela dell’ambiente adeguati ad un livello di produzione inoffensiva per la salute pubblica. Solo questo può mettere tutti di fronte alle scelte definitive da compiere.»
Serio”Il Governo prenda urgentemente le redini dell’azienda”
Anche Massimo Serio, segretario provinciale di Articolo Uno Taranto riprende una proposta già emersa nei mesi scorsi, e di fronte allo schiaffo di Arcelor Mittal rilancia l’idea di nazionalizzare lo stabilimento siderurgico.
«Appare chiaro – rimarca Serio – che l’intento del gruppo franco-indiano non è quello di puntare al rilancio dello stabilimento di Taranto, quanto quello di avviarlo verso un rapido e irreversibile declino. Non siamo di fronte a un piano industriale, ma a un percorso che porta alla chiusura vera e propria dell’azienda.»
«Il nostro appello – dice il segretario provinciale di Articolo Uno Taranto – è al Governo centrale: si intervenga subito con un Piano Taranto concreto e sostenibile dal punto di vista ambientale. Urge un intervento pubblico affidabile, magari attraverso la Cassa depositi e prestiti, che abbracci la città di Taranto, sviluppi seriamente le sue potenzialità e avvii procedure per preservare l’occupazione, la salute e l’ambiente del nostro territorio. »