La differenza più evidente tra l’Uomo e le altre specie animali è la consapevolezza del passato e la capacità di fare tesoro delle proprie esperienze per affrontare meglio il futuro.
Mentre gli altri animali vivono infatti in una sorta di eterno presente, guidati al massimo da un istinto atavico che li spinge ad adottare i comportamenti migliori per assicurare la conservazione della specie (e non necessariamente del singolo individuo!), l’essere umano ha sviluppato – nel corso della sua evoluzione – la capacità di razionalizzare quanto gli accade per basare su questa memoria i suoi comportamenti futuri.
Grazie a questa abilità, negli anni la saggezza popolare ha distillato alcuni proverbi che – sebbene coniati in tempi e situazioni affatto diverse da quelle attuali – conservano ancora oggi tutta la loro validità. In un momento straordinario per tutti noi, in giorni in cui affrontiamo uno stravolgimento epocale delle nostre abitudini e delle nostre certezze, proviamo a ricordare alcuni di questi motti, magari giocando con i nostri figli e nipoti nel far scoprire loro quanti insegnamenti sono contenuti in poche parole, apparentemente banali, avvisando l’avvertito lettore che sarà giocoforza tentare una traduzione in italiano della maggior parte di questi, privandoli così di parte della loro capacità evocativa.
“Tratta bene quelli di fuori, e quelli di dentro come Dio vuole”
Quante volte lo abbiamo sentito, insieme al più secco e cinico: “I parenti sono come le scarpe, più sono stretti e più fanno male”? La saggezza popolare ci invita a riservare attenzioni e premure agli estranei, ovvero a coloro che sono fuori dalla cerchia familiare, lasciando che del destino di chi ci è più vicino se ne occupi la misericordia divina.
E’ un motto usato sia preventivamente, per ammonirci a non sprecare troppe cure a chi ritiene gli siano dovute solo per appartenenza di sangue, sia come constatazione a posteriori, quando ci lamentiamo di non aver ricevuto attenzioni da chi credevamo fosse legato a noi da sentimenti di affetto oltre che da vincoli di parentela.
E’ forse il proverbio migliore per commentare la querelle sulle mascherine di protezione, che paesi europei come Francia e Germania hanno tenuto per sé, vietandone l’esportazione in Italia. Un atto forse comprensibile ma certamente non giustificabile, guidato da cinica ragion di stato affiancata dall’invito “Ognuno per sé e Dio per tutti”, che mette alla luce le tante contraddizioni di un’Europa basata più sulla finanza che su un comune sentire.
Accade così che a venire in soccorso all’Italia sia la Cina, la nazione che per prima a subito i danni – umani, sociali ed economici – del coronavirus, il popolo che tanti beceri politicanti hanno accusato di essere la causa di tutti i mali, la gente che molti imbecilli ha voluto vedere come un capro espiatorio. Dalla Cina ieri sono arrivati un team di specialisti sanitari e oltre 30 tonnellate di forniture mediche per aiutare l’Italia nella lotta al COVID19. Quasi 10.000 chilometri da Shanghai a Roma per affrontare un problema che sembra non essere al primo posto nelle agende europee. Certo sarebbe ingenuo pensare che non ci sia un tornaconto politico dietro un gesto del genere, ma quando stai annegando sarebbe stupido guardare a chi appartiene la mano che ti sta lanciando il salvagente.
A lavare la testa dell’asino, si perde tempo, acqua e sapone
A poco sono serviti gli inviti alla prudenza ed a comportamenti rispettosi della propria ed altrui salute. In tanti non riescono a tenere la distanza di sicurezza, ad evitare di andarsene spensieratamente in giro come se nulla fosse, ad evitare gesti sconsiderati che possono avere conseguenze anche gravi per le fasce di popolazione più debole. Piaccia o non piaccia, si sono dovute adottare misure coercitive, una volta constatato che affidarsi al buon senso era speranza vana.
Certo non ha aiutato l’adozione da parte del governo nazionale (e non solo!) di una strategia di comunicazione ondivaga e contraddittoria, che un giorno invitava a proseguire la propria vita come se niente fosse e il giorno dopo sbarrava bar e ristoranti. Anche in questo caso: “Nulla di nuovo sotto il sole”, dall’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre alla gestione del post Caporetto, le figure apicali del governo italiano hanno poco brillato in termini di coerenza e lungimiranza e questo, unito ala tipica insofferenza dell’italiota medio che un giorno si augura l’avvento al governo dell’uomo forte che risolva tutti i problemi ed il giorno dopo non riesce a rispettare neppure la meno coercitiva delle ordinanze, ci fa capire – una volta di più – che “Con questi pupazzi dobbiamo fare il presepe”.
Il cane che si scotta con l’acqua bollente, dopo ha paura anche dell’acqua fredda
Avviene in questi giorni che chi fa tranquillamente defecare il proprio cane per strada senza poi raccoglierne gli escrementi, chi non si preoccupa minimamente di gettare i propri rifiuti negli orari previsti, chi smaltisce incoscientemente rifiuti tossici e speciali come batteria dell’auto, oli esausti e manufatti di eternit semplicemente abbandonandoli in campagna si autoproclami virologo esperto in infettologia e vada dispensando in giro ammonimenti e consigli, sulla base di una cultura basata su meme e fake news.
Tra chi invita a bere tisane bollenti e chi – novello Muciaccia – spiega come costruire mascherine con la carta da forno – è un proliferare di Soloni che improvvisamente si vogliono prendere cura della salute pubblica. Un popolo che per anni ha preso in giro gli orientali che andavano in giro con la mascherina oggi spende centinaia di euro per un pezzo di inutile stoffa, quelli che ieri viaggiavano in treni e autobus togliendosi le scarpe e poggiando i loro olezzanti pedalini dove altri avrebbero posato la testa, oggi vorrebbero far scorrere litri di disinfettante Amuchina, chi non si è mai preoccupato di miasmi venefici emessi da industrie e discariche oggi si guarda torvo in giro al primo accenno di starnuto o colpo di tosse.
Rinnovata cultura civica? Non crediamo, piuttosto paranoia indotta e voglia di sentirsi sempre un po’ migliori degli altri.
Homo homini lupus
“L’uomo è un lupo per l’uomo”; lo affermava il commediografo latino Plauto e negli anni successivi la filosofia – da Bacone a Erasmo da Rotterdam, passando per Hobbes e finendo a Gramsci – ha dolorosamente concordato con tale assunto.
L’assalto ai supermercati alla razzia dei beni di prima e seconda necessità (penne lisce escluse) la dice lunga su quanto questa dolorosa constatazione sia ancora valida. “Mors tua, via mea” vale in guerra come in pace, ed in tempi di temuta carestia nessuno ci sta a fare la parte che fu di Piero nella nota canzone di De Andrè. Hai voglia ad assicurare che i negozi di alimentari sarebbero rimasti aperti, hai voglia a tranquillizzare che non c’era nessun bisogno di ammassare scorte come se fossimo in attesa di una ecatombe nucleare; non c’è niente da fare, guidati dal motto che “Chi primo arriva meglio si siede” orde di scalmanati hanno fatto chilometriche file ringhiando al vicino che pareva volesse sopravanzarli di un centimetro, hanno sputato addosso al poveraccio che all’ingresso di un supermercato chiedeva loro qualche spicciolo, hanno travolto anziani troppo lenti e troppo bassi per arrivare su tutti gli scaffali. Hanno dato prova che educazione, civiltà e buon senso sono per molti utopie irraggiungibili più che traguardi raggiunti.
A molcire un po’ l’amarezza delle righe precedenti, valga la speranza che per la maggior parte di noi questi giorni saranno utili a riscoprire gli affetti più veri, i piaceri più genuini, le priorità essenziali. Per i popoli orientali nella crisi è compresa una opportunità di rinascita e miglioramento e allora ci consoli in questi giorni il pensiero di Romano Battaglia: “La notte non è mai così nera come prima dell’alba ma poi l’alba sorge sempre a cancellare il buio della notte.”