Di Elena Ferrante non si conosce il vero nome e forse con sicurezza neanche il sesso; sicure invece le origini napoletane. A chi le chiede conto dei misteri che avvolgono la sua identità, risponde ‘’Io nella vita non mento; chi ne fa parte sa tutto di me. Se dico bugie è solo per proteggermi o scansare pericoli. C’è la fila di autori ansiosi di mostrarsi in tv ma come insegna anche Shakespeare contano le opere, non i volti’’.
L’ultimo Premio Strega, conclusosi il 2 luglio scorso, l’ha vista nella cinquina finale, al 3^ posto con ‘’Storia della bambina perduta’’ (Editore E/O, ISBN-13: 978-8866325512), nonostante la presenza massiccia di grandi gruppi editoriali. L’opera, pubblicata lo scorso anno, conclude la tetralogia iniziata nel 2011 con ‘’L’amica geniale’’, continuata nel 2012 con ‘’Storia del nuovo cognome’’ e nel 2013 con ‘’ Storia di chi fugge e di chi resta’’. Il fondamento di tutta la tetralogia è l’amicizia, profonda, coinvolgente, duratura nel tempo, tra Lenù, nomignolo di Elena, e Lina o Lila, entrambe nate nel ’44, in una Napoli violenta, in un quartiere in cui vige l’illegalità, la legge del più forte; alle bambine, poi adolescenti e infine donne, fa da contorno una folla di personaggi che non conoscono la tenerezza, si tradiscono, confondono l’amore con il possesso violento. La scrittrice assegna alla cultura, ai libri, una fondamentale importanza; sarà proprio la cultura a permettere ad Elena di riscattarsi dalle sue origini, diventare scrittrice e al nord cercare di vivere una vita diversa. Lina invece non si è mai allontanata da Napoli, non ha potuto compiere studi tradizionali, ma la sua innata intelligenza, la curiosità verso ciò che è diverso, l’amore per i libri, le hanno consentito di fare le sue scelte di vita liberamente, anzi, diventerà la leader del quartiere.
‘’Storia della bambina perduta’’prende l’avvio dalla metà degli anni ’70 per arrivare fino al 2000, ma gli avvenimenti storici o di cronaca recente rimangono in sottofondo. Elena ha avuto due figlie da un docente universitario che ha sposato, e vive al nord, ma è inquieta, non è soddisfatta del suo matrimonio e infine decide di abbandonare il marito e inizia una relazione con Nino, il primo ragazzo che durante l’adolescenza l’aveva attratta con i suoi modi bruschi ed evasivi e soprattutto con le conoscenze culturali che le sembravano allora così profonde; Nino però è stato anche l’amante di Lina. In tutta la tetralogia ed anche in quest’ultima opera sembra che le due amiche si rincorrano per prendere e assorbire l’una dall’altra conoscenze, esperienze, pensieri, sentimenti ed anche uomini, e non è, come si potrebbe pensare, un flusso da quella più colta a quella meno colta in senso tradizionale, ma esso è reciproco e continuo, anzi, l’influsso di Lina su Elena è molto più profondo; ciò non intacca il sentimento d’amicizia e d’amore che lega le due donne. A metà del racconto esse si ritrovano a Napoli, incinte entrambe, Elena di Nino e Lina di Enzo, con cui vive, dopo un precedente matrimonio e un figlio, ormai adolescente, del quale forse è padre lo stesso Nino all’epoca della relazione clandestina. Quasi nello stesso periodo partoriscono due bambine che come le loro madri saranno attratte da una profonda relazione d’amicizia. Intanto la relazione tra Elena e Nino, nonostante la nascita della bambina, non decolla in modo stabile e sereno, c’è sempre Lina di mezzo, la quale riesce ad attrarre nuovamente l’amica nell’ambiente oscuro e ambiguo da cui era fuggita e che ora costituisce il fulcro della sua scrittura.
L’opera si conclude con due scomparse, non si sa quanto definitive; nelle ultime pagine ha l’andamento di un giallo e quindi bisogna leggere il libro per porre in qualche modo la parola fine a questa storia d’amicizia femminile profonda e oscura, violenta e dolce, contorta e nello stesso tempo semplice, come d’altronde sono i veri sentimenti . Il libro, come gli altri della tetralogia, rende il lettore vorace e dipendente; le storie, gli intrecci, il groviglio dei sentimenti, la profonda conoscenza dell’animo umano, e soprattutto di quello femminile, che la Ferrante mette in campo, sono molto attrattivi, come anche la scrittura, chiara e nello stesso tempo piena di pathos. Alcuni precedenti libri della Ferrante sono stati resi in immagini con favore di critica e pubblico; il regista Mario Martone da’’ L’amore molesto’’ ha tratto un bel film con lo stesso titolo; il regista Roberto Faenza un altro film da’’ I giorni dell’abbandono’’. Ora dalla’’ Storia della bambina perduta’’ è in corso la sceneggiatura per un film da trasmettere in TV; se ne sta occupando lo scrittore Francesco Piccolo, che oltretutto è stato lo sponsor della partecipazione della Ferrante al Premio Strega. Si vedrà se si riuscirà a rendere sul piccolo schermo la profonda emozione, la partecipazione agli eventi e ai sentimenti che ha saputo suscitare il libro nei numerosi lettori che ne hanno decretato il successo.