Ho conosciuto anni fa Ernst Nolte. Era il tempo in cui mi occupavo di storia del Fascismo e seguivo la storia contemporanea con una tensione defilciana. Fummo i primi a ricordare immediatamente il suo collega Renzo De Felice scomparso il 25 maggio 1996 con una mia relazione e una relazione di Giuseppe Parlato e Francesco Grisi. In quegli anni ero Vice Presidente della Provincia di Taranto e secondo il “Corriere della Sera” vi era un circuito che esplodeva in cultura: Milano, Caserta, Taranto, Bari, Palermo. Cinque città “gestite” dalla Destra.
De Felice, Nolte e Furet erano i veri storici che si basavano sui documenti e non sulle ideologie. Mettere le mani nei documenti significava far venir fuori sul Fascismo e Nazismo delle verità scomode. Così fu. Quelle verità ora ci sono. In quegli anni il mio libro su Caradonna suscitò scalpore anche perché era scritto non da uno storico di mestiere ma da uno scrittore, ma quel libro si basava sui documenti. Come sempre fu nei miei saggi storici.
Nolte scomparso il 18 agosto scorso (2016), ha segnato un punto di riferimento nella storiografia contemporanea e soprattutto nei processi politici, ideologici e storici che vanno dal 1860 sino all’età del totalitarismo comunista e alla trasformazione delle democrazie in sistemi economicamente agevolati.
Insieme a Furet e a De Felice non solo ha riletto, con i documenti, la storia e gli avvenimenti, ma ha saputo interpretare le crisi e le decadenze di un tempo minato dalle plutocrazie e dalle ideologie. I suoi studi sul Nazismo e sul Fascismo lo hanno portato ad approfondire una linea che è quella del Marxismo. L’idea dello sterminio degli Ebrei come lo sterminio comunista nei Gulag. Certamente sì. Un popolo, uomini, persona. Da una parte e dall’altra. La pietà umana è nella centralità della persona e di una storia che riesce a scoprire l’umanesimo.
Senza l’esplosione dei marxismi non ci sarebbe stato un processo così profondo radicalizzante nelle società del Novecento sia dei Fascismi sia del Nazismo. Non si tratta di una modo di giustificare la Germania tedesca e nazista. Si tratta di una chiave di lettura intelligente che propone uno scavo comparativo e articolato della storia in un dimensione geopolitica che non riguarda soltanto una Nazione ma, piuttosto, una Idea di Patria.
Nolte non nasce propriamente da una formazione storica. Questo è un dato che lo avvantaggia e gli apre delle prospettive non empiriche, ma di studioso delle civiltà. Infatti Nolte è un filosofo della storia. Allievo di Martin Heidegger, dal quale apprende, appunto, il legame tra storia e filosofia che resteranno alla base delle sue interpretazioni.
Ebbi modo di conoscerlo, come ho accennato, a metà degli anni Novanta, ovvero 1996 – 1997, quando mi occupai di storia e di filosofia della storia e pubblicai alcuni testi sul Fascismo e tra questi un saggio su Giuseppe Caradonna sul quale discutemmo con molta acutezza nel corso di un Convegno a Vasto nel 1997. Uno studioso attento dei processi culturali che hanno contrassegnato un’epoca. Parlammo del Fascismo immenso e rosso: da Brasillach a La Rochelle. Io avevo già pubblicato il mio saggio su Brasillach nel quale quel f”fascismo immenso e rosso” era nella linea del nazionalismo e bolscevismo di Nolte.
Nel 1963 pubblica “I tre volti del fascismo” (ovvero, Der Faschismus in seiner Epoche. Action francaise · Italienischer Faschismus · Nationalsozialismus, 1963). Un testo con il quale apre una visione della storia legata non più e non solo alle ideologie, ma al pensiero filosofico.
Quel pensiero che gli permetterà di sostenere: “Il fascismo è antimarxismo che tenta di distruggere l’avversario mediante l’elaborazione di un’ideologia radicalmente contrapposta eppure limitrofa, e l’impiego di mezzi quasi identici eppure dalle caratteristiche proprie, sempre però nei limiti insuperabili dell’autoaffermazione e dell’autonomia nazionali”.
Proprio sulla base di queste riflessioni si solleva fortemente la discussione sul tema dei fascismi e Nolte va alle radici del fenomeno, le quali radici non possono che avere un radicamento filosofico. Pubblicherà diversi testi su questo argomentare ponendo all’attenzione nel 1996 anche la figura di Mussolini in “Il giovane Mussolini. Marx e Nietzsche” in “Mussolini socialista”, a cura di Francesco Coppellotti. Importanti i suoi studi sul come leggere e interpretare il Novecento. Un modello storico puro che permette di giungere dove altri storici non sono giunti o non hanno ritenuto opportuno mettere le mani.
Nolte ha, invece, giustamente, fatto riflettere non solo sui campi di sterminio degli ebrei ma anche sui genocidi e sui campi di sterminio comunisti come i Gulag. Quella storia che non passa e diventa memoria non può essere dimenticata o messa da parte insistendo sul fatto una storia condivisa o su un concetto ambiguo come quello affermato da parte dei vincitori che “la storia siamo noi”.
Nolte ha dimostrato, infatti, tutto il contrario di ciò. In un sua conversazione con Siegfried Gerlich ebbe a dire: “Io non mi sono mai definito un revisionista, ma ho sempre avvertito una certa differenza tra revisioni che sono indispensabili alla scienza storica, e scuole alle quali gli storici si associano, e che hanno un comune obiettivo politico che intendono promuovere attraverso varie revisioni. In questo senso non credo di dover essere annoverato tra i revisionisti”.
Non si tratta, dunque, di revisionismo, come non lo fu De Felice o Furet, ma di interpretare la storia con i documenti oltre ogni forma ideologica. Ecco perché la sua filosofia della storia gli ha permesso di proporre una chiave di lettura dei fatti e attraverso i fatti cercare di confrontare il Marxismo al Nazismo.
La visione filosofica ha la sua radice proprio in Haidegger. Si pensi al suo “Heidegger e la rivoluzione conservatrice” con la collaborazione di Alberto Krali del 1997. O “ La Repubblica di Weimar. Un’instabile democrazia fra Lenin e Hitler” del 2006. Oppure a “La rivoluzione conservatrice nella Germania della Repubblica di Weimar”, a cura di Luigi Iannone, del 2009. Sino a confrontarsi con le tragiche problematiche dei nostri giorni: “Il terzo radicalismo. Islam e Occidente nel XXI secolo” del 2012.
C’è un filo ben marcato dagli anni Sessanta sino al suo ultimo lavoro, nel quale è manifesta la sua ricerca, la sua serietà, la sua capacità di non farsi coinvolgere emotivamente. Lo storico. Il filosofo della storia. Nolte era nato Witten l’11 gennaio 1923 e morto a Berlino il 18 agosto 2016.
Nolte è stato un maestro. Resterà un maestro perché insieme a De Felice ha cambiato il modo di fare ricerca e ci hanno insegnato che nella storia non esistono parentesi. Ho seguito con molta attenzione la sua visione sui Fascismi. Aspetto che tuttora mi accompagna soprattutto perché ho sempre considerato e considero la storia non come modello soltanto storiografico bensì come filosofia della storia.