Non si tratta di associarsi all’idea di “essere tutti francesi” o di essere stati tutti americani nel 2001. È un pensiero così conformista e consociativo che viene tirato giù quando il pensiero stesso vive di un vuoto politico e anche filosofico. Siamo in guerra? Ma non lo sapevamo già? Da oggi? Tra l’Occidente, cattolico o/e cristiano o meno, e gli Orienti, islamici e/o musulmani, c’è una contesa che nasce prima del triangolo tra Roma, Itaca e Troia.
Semplicistico urlare oggi alla guerra. Se l’Occidente ha concesso tutto ai popoli che hanno cercato di entrare nelle nostre città e sono entrati, ora anche con la migrazione “ragionata” e “accogliente”, perché ci si meraviglia e si continua con un Timor Panico? Se siamo in guerra la guerra non si vive con la Ragione unilaterale. Neppure con i proclami che durano una settimana.
Cosa è oggi il mondo musulmano? In un intreccio di religioni e di etnie ci sono culture che si scontrano. E le culture, comprendiamolo bene questo fattore, sono sempre l’espressione del bene e del male, del vero e dell’immaginario, del rischio e del coraggio. La cultura non meramente l’espressione di un bene assoluto e assolutizzante.
Ho più volte scritto su tali questioni e più volte ho sostenuto che il concetto di tolleranza è soltanto un vento sconfitto. Io che ho visitato tanti Paesi musulmani e mi sono confrontato, da occidentale, con diverse realtà islamiche non ho mai raccolto le provocazioni perché ho sempre difeso le identità e le mie appartenenze cercando di non offendere le altrui identità.
Non possiamo soltanto urlare quando le tragedie accadono o incombono pericoli, ma le identità vanno difese molto prima.
Non è l’Occidente che ha permesso di costruire Moschee in tutte le maggiori città e anche piccoli centri? Non è l’Occidente che ha aperto frontiere e confini agli immigrati islamici? Non è l’Occidente che ha fatto del Mediterraneo una fiera dove tutto può passare inosservato? Non è l’Occidente che ha accolto tutti i barconi possibili senza stabilire linee geografiche e geopolitiche? Non è l’Occidente, e in primis la Francia, che ha bombardato, senza una motivazione seriamente politica, la Libia, distruggendo così uno Stato cuscinetto tra l’Oriente musulmano e le vie del Mediterraneo?
Quando si fa del Mediterraneo, un mare o un luogo minimo, un percorso dove tutto è concesso significa che non si è compresa bene la storia o non la si conosce. Quando l’Europa pensa di essere unitaria perché il valore unico è l’euro, misura con una insufficienza storica la dimensione del significato di civiltà. Quando il Mediterraneo del nord Africa si organizza con una politica su direttrici che portano ad un Califfato vuol dire che si è persa la bussola su un Mediterraneo intorno al quale si sarebbe dovuta costruire l’Europa. Quando non si comprende l’articolazione di un mondo musulmano che va dai Balcani alla Nigeria e dall’Europa a New York si testimonia che la “Intellighenzia” sulla politica estera non è proprio tale in tutto l’Occidente.
Certo, la condanna sulla tragedia di questi giorni è totale. Ma non basta consolarsi nel dire che siamo tutti francesi. Io non lo sono e non mi sento, se pur metaforicamente, francese.
Troppi errori ha fatto l’Occidente e troppi continua a commetterne. Siamo in guerra? O non lo siamo? Il punto è qui ed è questione di coraggio e di scelte. Se non si ha il coraggio di fare delle scelte saremo tutti musulmanizzati, islamizzati, ottomanizzati.
Gli errori hanno creato tagli nella storia politica di questi anni. La dipendenza nei confronti degli americani è stata peccaminosa. La incapacità di chiudere le frontiere del Mediterraneo è stata deleteria. Io non mi sento e non sono francese, ma sempre più Mediterraneo vivendo in un Mediterraneo tra Occidente e Oriente.
L’attentato stragista e le morti in Francia pesano sulla coscienza di un Occidente debole, urlante e tragicamente immiserito per mancanza di una politica estera forte priva di valori che corazzano una identità.