Archiviate le celebrazioni e le polemiche legate all’otto marzo ed alla giornata internazionale della donna, è il caso di fare un po’ di luce su di un fenomeno troppo spesso taciuto e minimizzato, ma che quanto e più delle violenze fisiche può rovinare una vita e compromettere situazioni personali e lavorative e che nella maggioranza dei casi colpisce le donne.
Una truffa subdola e crudele
Si tratta delle cosiddette truffe affettive e sentimentali, aumentate esponenzialmente prima attraverso i social network e poi a causa del forzato isolamento imposto dalla pandemia.
Come suggerisce il nome, questo tipo di truffa agisce facendo leva su un aspetto personale della vittima, suscitando affetto e sentimenti di amicizia o di amore attraverso il racconto di storie in cui vengono mescolati abilmente ingredienti di sicuro successo: chi la racconta si dipinge spesso come un uomo maturo, spesso vedovo e con figli minorenni non di rado affetti da gravi malattie, residente in un territorio lontano devastato da guerre o carestie.
Il meccanismo è oramai purtroppo collaudato; la vittima viene contattata attraverso i social network, attraverso cui si raccolgono le prime informazioni sui suoi gusti personali, stato di famiglia, situazione sentimentale, interessi e aspirazioni. Da qui si sviluppa una sorta di ragnatela, impalpabile e spietata, che poco a poco avvolge la vittima, la fa sentire al centro degli interessi di una persona che – seppure a distanza di migliaia di chilometri e travolta da sfortune e disgrazie – sentiamo sempre più vicina a noi e disponibile ad ascoltarci e consigliarci.
Si crea così una dipendenza, che ci fa ignorare quelli che dovrebbero essere le dissonanze e le anomalie che dovrebbero far scattare i campanelli di allarme, perché anche da adulti ci piacciono le storie a lieto fine e le persone che crediamo essere buone e altruiste.
I recenti sviluppi della tecnologia permettono truffe sempre più elaborate, si possono effettuare videochiamate sfruttando appositi programmi che permettono di unire ad un filmato trovato in Rete l’audio della conversazione, illudendo così l’interlocutore di stare parlando proprio con la persona che vede sullo schermo del suo smartphone.
Un fenomeno in crescita
Questa truffa ha avuto una certa risonanza mediatica qualche anno fa, quando una nota soubrette di varietà finì in televisione a raccontare del suo matrimonio con un fantomatico innamorato che si rivelò inesistente; ma in questo caso – sia per la probabile inesperienza degli organizzatori che per il risalto dato alla vicenda – la disavventura venne alla luce.
Nella grande maggioranza dei casi invece queste truffe finiscono nell’ombra per diversi motivi; innanzi tutto grazie ad una organizzazione rodata che vede partecipare diverse persone, ciascuna con il suo compito e la sua specialità: c’è lo psicologo, il tecnico informatico, l’esperto di comunicazione e quasi sempre anche una donna. Eh si, perché quando il nostro lontano amico di chat ci racconta quello che ogni donna vorrebbe sentirsi dire, spesso avviene proprio perché a farlo è una donna.
Ovviamente una simile organizzazione trova ragione di essere nel guadagno che trae da questa truffa e dalla relativa impunità di cui gode. In pochi anni – solo dall’Italia – un centinaio di migliaia di euro è stato trasferito su conti correnti o carte prepagate intestate a fantomatici personaggi in Africa o nell’Est Europa; contro queste truffe – una volta scoperte – si può fare ben poco, il denaro non viene praticamente mai recuperato e l’iter giudiziario si arena tra lungaggini burocratiche, querele di parte e difficoltà di agire contro soggetti difficilmente identificabili e residenti all’estero.
A dare ulteriore slancio a questa truffa – negli ultimi mesi – è stata la pandemia da Covid-19; la necessità di ridurre i rapporti sociali, l’aumentato tempo trascorso a casa al computer o con lo smartphone, il bisogno di condividere sentimenti, preoccupazioni e timori per il presente ed il futuro sono state tutte concause che hanno favorito l’espandersi di questo fenomeno.
Come difendersi?
Come difendersi da simili truffe? La prima e più efficace arma è sempre la prevenzione; per quanto sembri crudele dirlo, quando una storia sembra troppo bella per essere vere, quasi sempre è falsa. Se abbiamo qualche dubbio sulla identità del nostro interlocutore stiamo attenti ad eventuali incongruenze nella sua storia, proviamo a fare una ricerca in Rete sulle immagini che ci ha inviato e – ovviamente – non inviamo denaro, per quanto possa essere pressante e convincente la richiesta.
Se i dubbi dovessero concretizzarsi, vinciamo il disagio, l’imbarazzo e la vergogna, confidiamoci con amici e familiari e contattiamo esperti ed associazioni che si occupano di contrastare questo fenomeno, che sapranno indicarci il modo migliore di procedere.
Mentre questo tipo di truffe, rivolte a vittime di sesso maschile, fanno spesso leva su allusioni erotiche e proposte sessuali, nel caso di vittime femminili ad essere coinvolti sono gli aspetti affettivi e sentimentali della personalità, con effetti a volte anche gravi.
Non solo centinaia di migliaia di euro sono stati estorti raccontando storie strappalacrime e millantando missioni umanitarie, ma quel che è peggio è che si è incrinata – a volte per sempre – la fiducia di persone sole e quasi sempre in situazioni di fragilità emotiva ed indipendentemente da condizione sociale e livello di istruzione.
La vittima spesso tace per vergogna, per disagio, per evitare lo stigma sociale che la appellerebbe come una stupida o una “poco di buono” per aver cercato compagnia in Rete ma invece è giusto denunciare e smascherare questi delinquenti. Come loro usano la tecnologia per i loro meschini scopi, così possiamo sfruttare motori di ricerca, sistemi di riconoscimento facciale e gruppi social pubblici per proteggerci e mettere sull’avviso altre potenziali vittime.
Per quanto possa sembrare meno doloroso di uno schiaffo e meno grave di una violenza fisica, anche questo fenomeno va conosciuto e contrastato, non solo l’otto marzo ma in tutti i giorni dell’anno.