Una nota massima afferma che il livello di civiltà di una società si misura sulla qualità di assistenza che offre ai suoi membri più svantaggiati; al limite inferiore vige “la legge della jungla”, dove il più forte ha la meglio sul più debole, all’estremo opposto c’è la società civile, in cui “il più forte” (volutamente tra virgolette) fa in modo da ridurre le difficoltà del “più debole”.
La disabilità, la debolezza o lo svantaggio che affligge alcuni di questi soggetti può essere di svariata natura: fisico o mentale, permanente o temporaneo, grave o lieve; di fatto, a seconda dei punti di vista e degli elementi considerati nella valutazione, la fascia di popolazione che attualmente ha necessità di ausili più o meno consistenti, tende progressivamente ad aumentare.
Il problema è quindi sentito, ed è stato spesso al centro del dibattito, sia per segnalare incresciose situazioni che per comunicare il felice esito di dolorose vicende; ad ulteriore testimonianza della attualità dell’argomento si possono citare tanto iniziative organizzate da associazioni di cittadini che provvedimenti adottati dalla amministrazione pubblica. Di fatto però, determinati argomenti emergono alla attenzione del cittadino comune solo in caso di situazioni eclatanti, mentre nel quotidiano non è purtroppo raro che chi – per sua fortuna – non è afflitto da determinate difficoltà, assuma comportamenti che vanno dal disinteressato al menefreghistico.
Chi scrive ha personalmente assistito ad eventi poco edificanti, per una società che si vuole definire civile: citando gli episodi più eclatanti ricordo la rampa di accesso ad una farmacia del centro cittadino rimossa dopo un paio di settimane dalla sua installazione (pare che qualcuno, interrogato al proposito, abbia detto che “era stata rubata”!) e il servo-scala per scendere all’eremo di Santa Maria in Campitelli messa fuori uso probabilmente per un guasto elettrico (nessuno aveva pensato che una apparecchiatura esposta alla pioggia potesse avere problemi?), passando per i paletti limitatori degli scivoli per l’accesso ai marciapiedi praticamente diverli da hi vuole parcheggiare ad ogni costo (parcella del carrozziere compresa).
Ma questi citati sono ancora casi singoli, che qualcuno potrebbe definire unici se non rari; il sottoscritto però si muove per Grottaglie quasi sempre a piedi, ed ha quindi la possibilità di godere ogni giorno di un punto di vista che forse sfugge a più di qualcuno, un punto di vista che – ahimè – porta non di rado a rilevare atti e omissioni compiuti “in buona fede” (semmai di buona fede si possa parlare in questi casi), che per un minimo vantaggio di qualcuno mettono in difficoltà tanti altri. Rampe di accesso a marciapiedi occupate da auto in sosta “giusto il tempo di un caffè” (che però si protrae anche per decine e decine di minuti), marciapiedi dissestati da alberi e lavori in corso e passaggi occupati da enormi vasi di fiori, per non parlare delle deiezioni animali che inzaccherano le ruote di sedie a rotelle perché i padroni dei cani “dimenticano” di raccogliere.
Ne abbiamo parlato e parlarne solamente non serve a granché, se non a tenere desta l’attenzione su certi problemi ed a stimolare la riflessione su comportamenti “che fanno la differenza”. Purtroppo credo continueremo a parlarne, almeno fino a che in ogni cittadino (che possa legittimamente meritare tale aggettivo-sostantivo) non maturi la sufficiente attenzione verso chi è impedito in atti ed azioni apparentemente banali.