Diventare mamma è un evento, nella vita di una donna, unico e meraviglioso ma che cambia la sua vita rendendola piena di amore e gioia ma per niente semplice: iniziare a vestire i panni e calarsi nel ruolo della mamma con le responsabilità di una nuova vita tra le mani che i primi mesi di vita dipende esclusivamente da lei.
Durante la gravidanza, il contatto con il feto è attraverso i calcetti e le sue nuotate placentose ma, dopo il parto, ci sono pianti notturni e continui, allattamento a volte sfibrante e senso di stanchezza perenne. La depressione post partum è un problema più diffuso di quanto si pensi e conoscerla è il primo passo per riuscire ad affrontarla. Quando è successo a me ero al 2° giorno in cui ero rientrata dall’ospedale, fuori dall’ovattato ambiente dei medici,ginecologi ed infermieri, in cui senti tuo figlio piangere dal nido ma “le puericultrici ti dicono di non preoccuparti perché è normale”. La mia gravidanza è stata splendida, senza nessuna difficoltà gestazionale ed il parto spontaneo è stata un esperienza che mi ha dimostrato, ancora una volta, di quanto possa essere una macchina perfetta la natura umana e, la consapevolezza di avere coraggio e tenacia e affrontare dolore e sofferenza stringendo i denti pur di dare alla luce una nuova creatura, la propria creatura che già è parte di noi da 9 mesi. Quel piccolo esserino indifeso,dolce,tenero e profumato dipende esclusivamente da noi, dalla sua mamma: sono riuscita a tenerlo in braccio sin da subito, ad allattarlo, a catturare il suo primo sorriso con la mia macchina fotografica. Tutto procedeva bene. Lui stava bene. Ma io no. Una paura perenne e il terrore di non farcela a seguire i suoi ritmi mi accompagnava in ogni momento, restavo sveglia ad osservarlo mentre dormiva perché temevo il rigurgito improvviso, non riposavo come avrei dovuto per recuperare le energie di un sonno regolare che solitamente non si ha nei primi mesi. Piangevo all’improvviso, senza nessun motivo preciso. La prima volta è capitato a pranzo mentre eravamo tutti a tavola e mio figlio dormiva tranquillamente. Era il terzo giorno che eravamo a casa dopo l’ospedale: sentivo gli occhi riempirsi di lacrime e scendere giù sulle guance senza riuscirle a frenarle. Evitavo gli specchi: mi nascondevo da me stessa. Quando mio figlio ha iniziato a piangere più del dovuto, nonostante il frequente attaccamento ai seni, sono stata presa,inghiottita e persa nella disperazione più cupa e, nonostante il pediatra mi consigliasse di passare all’allattamento artificiale in quanto il mio latte era povero di vitamine e poco nutriente, ho insistito nel dargli il mio latte, credendo alle sciocche che mi dicevano che i bambini che si nutrono di latte in polvere sono sempre ammalati.
Mi convinsi che non ero una buona mamma perché non ero in grado di allattare mio figlio in modo naturale. L’incapacità di non produrre col mio corpo ciò di cui mio figlio avesse principalmente bisogno, ha seminato dentro di me un senso di sconforto e inadeguatezza enorme, tanto da piangere continuamente, sentirmi triste e non riuscire a sorridere, pur avendo tra le braccia ciò che rende felice ogni essere vivente al mondo: un figlio. Come ho fatto ad uscirne? Con l’aiuto di un’altra mamma. Mia madre. Lei ha fatto ciò che gli ho chiesto senza obiezioni, ma è stata ferma e decisa nello starmi accanto e far cambiare a me il pannolino le prime volte, a farlo addormentare e a cullarlo nel modo giusto. E’ stata lei che mi ha raccontato la sua esperienza di mamma, facendomi capire con parole semplici il mio non poter allattare e consigliandomi di fare ciò che mi rendesse serena in modo da trasmettere la stessa serenità a mio figlio. Inoltre, l’affetto e la disponibilità costante della mia famiglia, delle persone che mi volevano bene e delle amiche, alcune delle quali dotate di professionalità in materia, pronte ad ascoltarmi, consigliarmi e sostenermi.
Mai tenersi dentro ciò che si prova o chiudersi in se stessi, ammettere di aver bisogno di aiuto e non provare imbarazzo nel chiederlo. Il ruolo delle famiglia per la neo mamma , è fondamentale, come anche il ruolo del papà: anche loro hanno un carico di stress non indifferente ma è bene che si cerchi di restare accanto alla propria compagna senza farle pressioni, evitare litigi e tollerare le sue lacrime, i suoi lamenti e la sua temporanea pigrizia. I ritmi, il metabolismo, il corpo e l’aspetto della neo mamma vengono stravolti completamente dopo il parto e accettarli nella propria quotidianità e aspettare che tutto rientri nella normalità non è un impresa semplice.
Le persone vicino alle neo mamme devono cercare il dialogo e sostenerla, soprattutto aiutandola nelle incombenze domestiche o semplicemente accontentando le sue richieste, facendole capire che può prendersi tutto il tempo che le occorre per accettare e abituarsi al nuovo nucleo familiare. E nel momento in cui vi rendete conto che da soli non ce la fate, non abbiate timore di chiedere aiuto ad una persona competente quale una psicologa che, in punta di piedi, silenziosamente, entrerà temporaneamente nella sua vita per aiutarla a ritrovare la serenità e il senso di appartenenza alla propria persona nel migliore dei modi.