C’è una spaccatura disperante nella cultura degli ultimi Cinquant’anni che è dovuta ad un clima fortemente ideologizzato ma anche ad una classe di docenti e di “intellettuali” poco accorti culturalmente ad una dialettica articolata e ad una scuola sempre al servizio di un pensiero fragile legato tra il “vangelo” degli eredi del sistema organico, chiamato impegno tra le distorsioni gramsciane e la vuota pianificazione di un sacerdote mandato a Barbiana, e una visione perfettamente in antitesti con l’identità nazionale della letteratura stessa.
Insomma il legame scuola e cultura non può insistere ancora su un principio di fondo che è quello dell’orizzonte a senso unico verso una “progressiva visione progressista” ed emancipata della cultura.
Come fa una scuola che si dice cittadinanza di tutti a non ricordare Giovanni Gentile a 70 anni dalla morte? Come è pensabile ciò, se i dirigenti scolastici nascono dalla Riforma Gentile e si sono formati con il “vezzo” di un classicismo gentiliano? Come fa, se la scuola italiana è costruita su una struttura gentiliana rimasta in piedi fino a qualche mese fa? Come fanno i docenti di cultura umanistica, tra Filosofia e Greco, Latino, Italiano e Storia a dimenticare la visione scolastica di Gentile o addirittura a non conoscerla?
Gentile significa anche capire Croce, ma soprattutto leggere Gramsci senza gli specchi di Togliatti. Non mi si può dire che la scuola fa scuola e basta. L’educazione scolastica non è forse pedagogia in una etica dei saperi? Siamo ad una cultura nella scuola che celebra i quaranta anni di Pasolini, non bisognerebbe dimenticate neppure come è morto, e nasconde l’anniversario di Gentile ucciso nel 1944.
La spaccatura tra la cultura universale e quella che si considera cultura della periferia, deve necessariamente passare attraverso il pensiero e le biografie degli scrittori, dei pensatori, degli intellettuali.
Ormai in questa Italia o ci si aggrega o si vive da emarginati? Ma noi siamo figli ed eredi di una generazione che non si è mai lasciata emarginare, ma si considera minoranza nella maggioranza delle idee universali diffuse, e siamo convinti che le maggioranze vivono il conflitto di una costante debolezza che l’allievo di Pavese, Italo Calvino, ha definito “leggerezza”, credendosi l’unico scrittore del Novecento come “egregiamente” lo ha classificato lo storico della letteratura, con il patentino rosso nel taschino e nello sguardo, che si chiama Alberto Asor Rosa.
Che dire? Nella vita degli scrittori e dei poeti bisogna ricominciare a studiare la biografia, la vita come si diceva una volta. La biografia è legata al linguaggio e alla parola, alla eleganza e alla scorrettezza, allo stile e alla volgarità.
Ungaretti ha vissuto la sua letteratura vivendo la vita come il Neruda nella sua confessione di aver vissuto e il Pavese del suo mestiere di una vita ha scritto la sua biografia nelle pagine di sangue della sua anima. Di Pasolini raccontiamo anche la vita, la biografia, la sua morte, Ostia, la notte del 1 novembre del 1975 e, chiaramente, i suoi scritti come dovremmo raccontare il tutto di Pirandello, di D’Annunzio, e di Gentile, di Gramsci, di Pavese, di Berto tra la coerenza e la discordanza. Ma di questi ultimi autori, compreso Gramsci, non c’è bisogno. Si raccontano vivendo la bellezza del linguaggio in una estetica dello sguardo.
Ma, insomma. si celebrerà Pasolini, per i 40 anni dalla morte, e si è incastonato nel dimenticatoio Leonardo Sciascia.
Quale rispetto si può avere per un tempo della cultura che fa l’elogio di “Petrolio”, un libro completamente illeggibile o di film pasoliniani che conoscono il senso del kitsh, e si dimenticano Morselli, Bacchelli, Pomilio, Palazzeschi e addirittura Leonardo Sciascia de “Il giorno della civetta” a “Una storia semplice”. Eppure siamo a 25 anni dalla morte di Sciascia.
Cosa fa la scuola? Cosa fa la scuola che si illude di fare cultura? Il trionfo di Pasolini e dimentica Sciascia. È pur vero. La storia si perde tra le ignoranze. Sciascia è la recita del pirandellismo intorno al quale ha costruito la sua vita e la sua letteratura. E Pasolini cosa è? Cosa resta di Pasolini? Cosa resta della sua biografia? Cosa resta di quella di Sciascia?
Il relativismo ormai è una periferia dell’eccellenza. Signori miei! Avanti un’altra recita…