«Ancora una volta, ci troviamo di fronte agli effetti negativi che l’assenza di garanzie economiche collegate ai Decreti Ilva produce a discapito dei redditi dei lavoratori e di tutta l’economia locale.» Lo dichiarano in una nota congiunta Maurizio Baccaro, coordinatore provinciale Sel Taranto e Donatella Duranti, Deputata Sel.
«Le proteste da parte delle aziende e dei lavoratori dell’indotto – affermano Baccaro e Duranti – sono giuste e a queste il Governo deve dare risposte immediate, iniziando col modificare il Decreto Ilva che lunedì approderà nell’Aula del Senato.
Non è possibile continuare a prolungare le sofferenze di lavoratori che da diversi mesi sono senza stipendio perchè l’Ilva non paga i fornitori dell’indotto. A questo si aggiunge anche l’esaurimento delle risorse per i contratti di solidarietà, e la conseguente cassa integrazione per altre migliaia di lavoratori interni allo stabilimento.
La pazienza di lavoratrici e lavoratori sta giungendo al termine, e le scadenze che ogni famiglia si ritrova ad affrontare va ad aggravare sempre più la condizione economica e sociale di migliaia di famiglie a Taranto e provincia.
Il Governo – proseguono Baccaro e Duranti – deve evitare l’applicazione della Legge Marzano che taglierebbe le gambe a quasi tutto l’indotto locale, e deve assicurare con garanzie economiche precise sia i pagamenti per i fornitori che l’applicazione di tutti gli interventi di risanamento della fabbrica.
Il fondo per i contratti di solidarietà deve essere mantenuto e rimpinguato.
Se invece si proseguirà sulla strada dei Decreti, preceduti da mille annunci senza risorse finanziare certe e privi inoltre di un preciso cronoprogramma sulla attuazione dei lavori di ambientalizzazione e bonifica, la situazione a Taranto rischia di esplodere definitivamente.
SEL – concludono Baccaro e Duranti – farà la sua parte per tradurre in emendamenti al Decreto le istanze fin qui proposte e derivanti dalla drammatica situazione che il territorio vive.
Speriamo di ricevere collaborazione e altrettanto impegno da i soggetti politici della maggioranza di governo.»