«Conoscevamo già il tono risentito e un po’ rabbioso del segretario della Fiom di Taranto Donato Stefanelli; l’avevamo registrato, senza peraltro stupirci più di tanto, in occasione della nostra manifestazione di piazza del 1° agosto scorso, quando aveva dichiarato di non essere d’accordo né nella forma né nella sostanza con la scelta di Confindustria.» E’ quanto afferma Confindustria Taranto in una nota, che prosegue: «Una posizione assolutamente comprensibile per un sindacato abituato a portare in piazza non gli imprenditori ma, come la storia insegna, gli operai. Non avevamo compreso, tuttavia, quale fosse la risposta, la rivendicazione, o magari la mossa a sorpresa che la Fiom avrebbe proposto, di lì a poco, in alternativa a Confindustria, per denunciare la perdita imminente – che era poi il senso della nostra manifestazione – di interi pezzi della città, aziende, imprenditori e operai compresi.
Stiamo ancora aspettando.
Oggi – prosegue la nota di Confindustria Taranto – lo stesso Stefanelli torna ad utilizzare toni che non sentivamo da vent’anni, classici di una certa sottocultura che a Taranto sta fortunatamente scomparendo a favore di altre, più moderne e organizzate, forme di contestazione. La sottocultura del disfattismo, della delazione esercitata sparando nel solito mucchio, del dito puntato contro gli imprenditori perché è comodo avere un bersaglio facile quando proprio non si sa cos’altro dire. E cos’altro fare.
Lo comprenderemmo se chi accusa fosse un giovane in cerca spasmodica di un lavoro che non c’è: non possiamo consentire che a farlo sia il segretario di una sigla sindacale che, dopo aver conosciuto sicuramente lustri migliori, ora conta su una percentuale di iscritti, a Taranto, da prefisso telefonico, e non ha il coraggio di chiedersi perché, e di fare magari un sano esercizio di autocritica.
Ci riesce difficile, inoltre, rispondere alle accuse di intempestività mosse dal segretario Stefanelli, perché non capiamo a cosa si riferisca.
Confindustria – ed è noto a tutti – si è mossa ancor prima che questione Ilva deflagrasse con iniziative che probabilmente la Fiom, o almeno il suo segretario, non conoscono; in quanto all’innovazione che non c’è, invitiamo il sindacato, quando si sarà svegliato dal suo torpore profondo, a venire a conoscere le nostre aziende, i nostri progetti e le tante iniziative promosse a supporto degli stessi.
Un consiglio, ci sentiamo di avanzare, al segretario della Fiom – continua ancora la nota di Confindustria Taranto, non nella convinzione che ci possa ascoltare – visto che non è mai presente alle riunioni sindacali – ma almeno nella speranza che possa distrarsi dal suo accanimento: rilegga la sua storia più recente.
La Fiom locale vive all’ombra della sigla nazionale ma, contrariamente a quest’ultima, si agita nella più completa inerzia pur continuando a subire l’evidente emorragia dei suoi iscritti.
Che senso ha esser fieri di non aver firmato gli accordi di cui parla (che, come lui ben sa, sono necessari per le nostre aziende e per gli stessi lavoratori per dare esecuzione alle commesse acquisite per loro natura limitate nel tempo) adducendo come pretesto di non aver siglato neanche il contratto collettivo nazionale dei lavoratori metalmeccanici?
Qual è il ruolo di un sindacato che non firma a priori accordi e contratti?
E di quali diritti da difendere parla Stefanelli, che non ricordiamo, almeno da due anni a questa parte, essere stato interprete di una qualsiasi teoria, né strutturata, né elementare, sui temi del lavoro e dello sviluppo?
Sarà una sensazione – conclude la nota di Confindustria Taranto, ma chi all’interno di un sindacato dei lavoratori, in una città difficile come la nostra, si esercita a fare solo del puro ostruzionismo, forse sta tentando di fare altro. Ma anche un dignitoso ingresso in politica meriterebbe argomentazioni di uno spessore che il segretario della Fiom non mostra neanche lontanamente di possedere.»