“Chiudere l’area a caldo della grande fabbrica sarebbe secondo il sindaco di Taranto la via di uscita ideale di tutta la complessa e delicata questione ambientale, sociale, produttiva ed occupazionale dell’Ilva di Taranto, divenuta non a caso una vertenza nazionale proprio perché assume risvolti di abnorme portata.” E’ quanto il primo cittadino ha dichiarato ai giornalisti nel corso di un forum tenuto al “Corriere del Mezzogiorno” di Puglia, in cui peraltro parla anche dei beni archeologici, della rigenerazione del centro storico, del borgo e dei rapporti col governo centrale.” Ad affermarlo è un comunicato di Confindustria Taranto che stigmatizza aspramente le parole di Stefano.
“Si tratta, a parere di Confindustria Taranto, di dichiarazioni estremamente gravi e destabilizzanti in una fase delicatissima– che dura da oramai due anni – in cui la città sta faticosamente tentando di ricostruire, mantenere e realizzare il complesso e difficile connubio fra ambiente e lavoro che lo stesso sindaco antepone da sempre a tutte le argomentazioni sulla vicenda Ilva. Ancor più grave è la sua ammissione circa l’aver votato per la chiusura dell’area a caldo in sede di referendum, che evidenzia chiaramente un preoccupante “scollegamento” fra il volere del primo cittadino e quanto invece la comunità richiede e continua a richiedere.
Non è giustificabile – afferma Confindustria Taranto – un approccio perennemente discontinuo, estemporaneo e approssimato su problemi così grandi e vitali per la città.
Non è accettabile che tale approccio arrivi dal sindaco, che dovrebbe reggere le sorti di una città complessa come Taranto con una guida autorevole, una linea politica definita e riconosciuta e azioni conformi e rispondenti alla linea tracciata.
Ci spiace sottolineare come sia proprio quest’ultimo il punto nodale – e mancante – che continuiamo a riscontrare nell’attuale amministrazione cittadina:
manca una linea politica chiara e definita sui grandi temi che attengono il futuro della città;
manca una visione strategica e d’assieme che ne sostenga i propositi e le azioni conseguenti;
manca soprattutto una reale connessione fra ciò che si dice e ciò che si attua realmente sul territorio.
Quanto il primo cittadino dichiara sulla questione Ilva, infatti, – ribadisce Confindustria Taranto – è sconcertante soprattutto sul piano dell’assunzione delle responsabilità. Quando conferma di non aver mai incontrato il commissario Bondi (e chi, se non lui, avrebbe dovuto farlo?) e quando attribuisce ad altri (“gli esperti”) la valutazione positiva circa la chiusura delle cokerie, sottraendosi dall’obbligo di assunzione di impegni istituzionali, il sindaco Stefano sembra più voler adottare una linea auto difensiva a tutela della personale vicenda giudiziaria che una reale tutela degli interessi della città.
E’ altrettanto spiacevole constatare, oltre alle dichiarazioni sulla questione ambientale, come il primo cittadino affidi alle pagine di un giornale quanto avrebbe potuto dichiarare – o far dichiarare a qualcun altro in sua vece – al recente convegno di Confindustria sulla rigenerazione della città vecchia, in cui era ancora una volta – sia pur giustificato – assente.
Nel merito, il sindaco Stefano attribuisce l’impossibilità di realizzare il modello di risanamento già sperimentato a Napoli trincerandosi dietro il parere negativo di fantomatici e già più volte richiamati “tecnici ed esperti”, così come peraltro attribuisce ad “esperti” il parere negativo sugli espropri.
E lecito chiedersi, – continua il comunicato di Confindustria Taranto – a questo punto: se il complesso tema della rigenerazione del centro storico viene affidato al parere dei tecnici, la politica – detto in parole povere – cosa sta a fare? Qual è il ruolo del sindaco e dei suoi assessori? Dove e quali sono le sbandierate politiche di risanamento dell’amministrazione?
Di tutto questo il sindaco non fa menzione alcuna (e tantomeno “manda a dire”) all’interno dei contesti deputati al dibattito ed alla ricerca di soluzioni condivise, come, appunto, il convegno sulla rigenerazione del borgo antico organizzato da Confindustria, in cui – alla reiterata richiesta di progetti e proposte realizzabili e finanziabili da parte dell’assessore Barbanente, relatrice ai lavori – e quindi di un disegno strategico poderoso, condiviso e corale da parte di tutti gli attori territoriali, Comune in primis, ha fatto da contraltare, da parte dell’amministrazione cittadina, una debole elencazione di cose fatte ma al contempo la totale assenza di linee strategiche chiare e definite per la città vecchia.
E’ lo stesso copione – conclude il comunicato di Confindustria Taranto – che rimanda ad altre questioni fondamentali per il futuro assetto della città, come il piano Cimino, in cui l’amministrazione “decide di non decidere” .
Ed è un copione che la città non può più permettersi: se Taranto, come ha dichiarato il sindaco mutuando le parole del premier Renzi, deve diventare “un modello da seguire”, vorremmo almeno capire a quale modello stiamo guardando, e soprattutto cosa il Comune sta realmente facendo per adottarlo e renderlo compatibile con la nostra realtà.”