(I indica l’intervistatrice, B l’intervistato)
L’INVETRIATURA
I. Com’erano i forni?
B. I forni erano forni a legna e c’era un vano chiamato camera di combustione e al di sopra di esso c’era la camera di cottura in cui si posizionavano tutti i manufatti che si preparavano nella bottega quando si lavorava. Si facevano essiccare e poi si verniciavano. La maggior parte dei manufatti si verniciava non cotta, come le brocche di creta, i vasi cilindrici in terracotta, così venivano chiamati, e i grandi recipienti di creta. Per tutti si usava la vernice a base di piombo. Erano tutti non cotti, l’invetriatura era un lavoraccio, specialmente quando si rivestivano i grandi recipienti di creta, i manufatti più grandi.
Gli addetti al rivestimento erano persone abbastanza abili, che dovevano avere forza e una certa statura, specialmente per sollevare i grandi recipienti di creta. Quelli venivano presi dalla base e dalla parte superiore e poi si introduceva il piombo, così veniva chiamato, all’interno attraverso un boccale grande. Con questo boccale si versava il liquido in modo tale da distenderlo sulla parete interna.
Poi, quando il manufatto veniva rivestito, erano presenti queste persone che mettevano una mano sotto e una sopra e contemporaneamente lo giravano tutto d’un colpo, facevano in questo modo, poco per volta e poi lo giravano a testa in giù per far uscire tutto il rivestimento piombifero che avevano messo e in questo modo si verniciavano le pareti interne. Poi si mettevano in piedi e si verniciava anche la parte esterna. All’interno si verniciava in più parti mentre all’esterno la vernice andava su due parti.
LA DISPOSIZIONE DEI MANUFATTI ALL’INTERNO DELLA FORNACE
B. Quando si essiccavano per bene, i manufatti venivano infornati, si posizionavano nel forno, impilati l’uno sull’altro. Essi erano di varie grandezze, c’erano le brocche di creta, i grandi recipienti di creta che venivano sistemati in mezzo al forno in modo tale che, quando si infornavano, si dice così, tutti gli oggetti, come i grandi recipienti di creta e altri manufatti, una persona si arrampicava per raggiungere la bocca della fornace e per mettere dei piccoli pezzi di legno lunghi cinquanta centimetri. Si posizionavano sopra, in mezzo, ai vasi di terracotta che erano capovolti in modo tale da poterci camminare sopra per sistemare gli altri manufatti lungo le pareti laterali del forno. Quando si sistemavano i manufatti, si stava scalzi, senza scarpe, all’interno della fornace perché con le scarpe si poteva creare movimento e si potevano rompere i manufatti che non erano cotti, erano secchi.
Poi, man mano che questa persona avanzava all’interno della fornace, costruiva una specie di scalinata con tre manufatti che poi si sistemavano, una volta modellati, in modo da raggiungere il retro del forno per posizionare altri manufatti. Non si poteva riempire prima la parte anteriore del forno se non si colmava la parte retrostante. Si creava una specie di scala sempre con gli stessi manufatti, però si adoperavano anche i piccoli pezzi di legno. Tra un grandino e l’altro di questa scala si sistemavano questi grandi recipienti di creta. In poche parole, esistevano diversi modi per sistemare i manufatti. C’erano anche i catini. Alcune volte, arrivati ad una certa altezza, si posizionavano i catini cosiddetti, di varie grandezze e li sistemavano capovolti uno sull’altro, però le varie grandezze erano sistemate con gradualità: prima c’era il più piccolo, poi il più grande poi l’altro più grande e l’altro più grande ancora e si sistemavano l’uno sull’altro, però non si toccavano. Il maestro, quando li sistemava stava attento a non metterli troppo vicini tra loro altrimenti si attaccavano, perché il rivestimento piombifero, durante la cottura, si fonde.
Il forno viene riempito in questo modo. Quando si doveva chiudere la fornace veniva costruita una parete, volta per volta che si avanzava e si sistemavano i manufatti all’interno della fornace si costruiva un pezzo di parete. Sulle pareti venivano aperti dei forellini, dei piccoli spazi che venivano lasciati quando si sistemavano i mattoni. Si lasciavano questi forellini piccoli per consentire all’aria e alle fiammelle di uscire fuori, perché se il forno veniva chiuso completamente non circolava l’aria all’interno. Poi ti spiego come si sistemava. Quando venivano posizionati tutti i manufatti necessari il forno si chiudeva e nella parte superiore si lasciava un foro largo venti – venticinque centimetri. Proprio sulla parte superiore del forno si mettevano i tre manufatti tra cui l’orciolo, che aveva lo stesso colore delle brocche e dei grandi recipienti che si sistemavano lì sopra. Veniva lasciato un piccolo foro. Si sistemavano quei manufatti in modo tale da non riempire il vano superiore del forno.
L’ACCENSIONE DELLA FORNACE E LA COTTURA
B. Però si lasciava un piccolo foro nella parete superiore della fornace. Da quel foro, mentre i manufatti si stavano cuocendo, verso la fine della cottura, si prendeva quello che chiamavano il provino per vedere se l’invetriatura si stava fissando bene sul manufatto. Dopo molte ore il colore dell’invetriatura cominciava a cambiare e raggiungeva la gradazione giusta. Quando quei tre manufatti erano cotti per bene significava che l’invetriatura era completa e il colore era perfetto e così veniva lasciato. Si diceva, ad esempio, “Calimé”. Quando si doveva cuocere nella camera di combustione veniva messa la legna, come si chiama, la legna tagliata a pezzi lunghi venti – trenta centimetri a seconda dell’uso. Veniva tagliata a piccoli pezzi lunghi venti – trentadue centimetri.
Quando si accendeva il fuoco nella camera di combustione la persona addetta all’accensione prendeva la legna e cominciava dal principio. Nella camera di combustione la legna si aggiungeva poco alla volta, quasi a formare un cerchio e appena si accendeva, man mano si aggiungeva legna fino ad arrivare sul fondo della fornace. Il fuoco così si accendeva e ricopriva anche le pareti laterali della camera di combustione. Essa veniva chiamata così perché c’era il fuoco. Quando, ad esempio, si raggiungeva la temperatura di duecento gradi si iniziava a buttare, questo non me lo ricordo più, la sansa, mi è tornata in mente. La sansa era il residuo della spremitura delle olive. Quando si macinavano rimanevano i panelli con le bucce, i noccioli e la polpa che poi venivano frantumati. Questo composto si chiamava sansa e si iniziava a buttare nella camera di combustione però nella parte anteriore dove si metteva anche una frasca dell’ulivo potato, una piccola frasca, e piccoli pezzi di ramo d’ulivo per mantenere viva la fiamma.
Quando si doveva buttare la sansa, l’operaio addetto alla fornace prendeva una piccola pala e iniziava a buttare la sansa nella camera di combustione e si cominciava ad infuocare poco alla volta. Dopo ore prendeva la pala più grande e ne buttava di più e poi prendeva una pala ancora più grande e ne buttava ancora di più perché si iniziava a raggiungere temperature alte. Ci si impiegava sei, sette ore per mettere la legna e non si sistemava tutta insieme ma poco alla volta altrimenti si laceravano i manufatti che stavano all’interno della fornace. Durante la cottura, si buttava la sansa, questo te l’ho detto. Lo sai che c’è la parete all’interno della fornace e il foro nella parte superiore. Come ho detto, si prendevano i manufatti che si erano cotti. C’era la parete con i fori per permettere alla fiamma di uscire fuori. Non appena vedevamo, attraverso i fori, che i manufatti cambiavano colore prendevamo l’argilla e chiudevamo i fori.
Man mano che cambiavano colore prendevamo l’argilla e chiudevamo questi fori, finché si arrivava nella parte superiore della parete dove rimaneva solamente il foro più grande. Talvolta, in alcune fornaci molto grandi, o camini più grandi, noi avevamo un camino grande, c’erano tre fori nella parte superiore: uno grande al centro e due piccoli nella parte laterale per permettere all’ossigeno e alla fiamma di uscire fuori. Quando si buttava la sansa nella camera di combustione l’ossigeno faceva così: c’era un risucchio per permettere alla fiamma di uscire dalla parte superiore. Si chiamava il tiraggio. La fornace aveva anche dei fori nella parte superiore sul soffitto, si chiamava così. Da questi fori uscivano l’aria e le fiammelle. Si buttava la sansa per dare maggior forza al fuoco che aveva una specie di risucchio che permetteva alla fiamma di uscire dalla parte superiore del forno.
Per preparare la fornace all’infornata, occorrono diverse piccole fasi. Se non è presente un’apertura nella parte superiore la fiamma non riesce a salire in superficie. In questo modo veniva realizzata la cottura, come ho detto. Poi si prendevano i manufatti prima di terminare la cottura. Quando si diceva: “Sì, li possiamo lasciare nella fornace”. Il fuoco si rinvigoriva grazie alla sansa.