“Ce ma ffà ti Caputannu?”. Questa è sicuramente la domanda che vi avranno fatto più spesso durante questo periodo. A volte può addirittura diventare odiosa quando chi se la sente fare è una persona appena tornata a Grottaglie perchè lavora o studia fuori. Spesso precede un’ altra domanda ancor meno simpatica che è: “Quanna ti n’è sce?”.
Non ci rimanete male non vi è cattiveria alla base. Anzi chi vi pone queste domande è sempre una persona che a voi ci tiene tantissimo, tanto da voler passare uno dei momenti più belli dell’ anno insieme a voi, il Capodanno appunto, sperando che rimaniate il più lungo tempo possibile.
La nuttata ti Caputannu è senza dubbio uno dei giorni più attesi e più belli dell’ anno a Grottaglie, al pari della vigilia e della festa di San Ciro, della Domenica in Albis, la Pascaredda, e della nottata di Ferragosto. Sono rare occasioni da passare in piacevole compagnia di persone gradite. Da ragazzino ricordo che c’era l’ usanza, anche se ormai andava via via scomparendo, di rompere le cose vecchie: piatti, bicchieri, oggetti di ceramica, bottiglie e quant’altro.
Ricordo che mia nonna durante l’ anno metteva da parte, senza buttarli via subito, piatti sbreccati, bicchieri incrinati e tutta una serie di oggetti non più utilizzabili nel quotidiano. Durante la notte di Capodanno dopo averli tirati fuori da un cassone li rompevamo. Non vi nascondo che c’era sempre qualcuno che aveva qualche ritrosia a distruggere il suo piatto tanto da chiedere a qualcun’ altro il favore di romperlo a posto suo: “Pi ppiacere scassciatme lu piattu…”. Non vi dico il giorno dopo i poveri spazzini cosa erano costretti a raccoglie, tra na jastema e n’otra. Chissà quanti oggetti degni di culto per i giorni nostri sono stati distrutti in quel modo irriverente: roba da far rabbrividire gli amanti del vintage.
Nella vicina Taranto la situazione era ancora più drastica. Mi raccontò un mio amico tarantino che durante la notte di Capodanno dai balconi veniva giù praticamente di tutto. Un suo amico rimase intimorito sotto un balcone, non avendo il coraggio di attraversare la strada per seguire gli altri che lo chiamavano. Ad un certo punto come fece un cenno per muoversi, si vide cadere davanti una lavatrice. Chiaramente rimase tutta la notte sotto quel balcone. Per fortuna quella usanza non esiste quasi più anche se comunque rimangono sempre i botti di fine anno.
Una volta i botti si iniziavano ad udire già a partire dall’ Immacolata. Si reperivano più facilmente. Ricordo che da ragazzo quando uscivo per andare a giocare a pallone ogni tanto si avvicinava qualcuno a chiedermi: ”Vagliò ce ti serve nu paccu ti minerve?”. Si trovava di tutto e la sera era anche molto pericoloso uscire da casa a piedi. Sul Viale c’era una sorta di coprifuoco. Mentre camminavi potevi ritrovarti un petardo tra i piedi. A volte ti accorgevi di uno scoppio imminente perchè vedevi la gente che iniziava a tapparsi le orecchie. All’ uscita della scuola c’era chi puntualmente si faceva male, anche in modo serio.
In quei giorni le strade erano diventate delle vere e proprie polveriere balcaniche. Ogni tanto si udivano dei fortissimi boati e subito si rincorrevano le voci:”Na bbomma carta era!!”. Subito dopo una deflagrazione ancora più potente :” Questa sicuramente era na bbomma pesce!!”. Bbomme carta, petardi, bengala, fiscalure, minerve, rasca e piccia, bbomicedde, Grottaglie era diventata una piccola Baghdad ai tempi della guerra del Golfo. Come si dice in dialetto: erunu rrivatu pponta! Avevamo superato il limite!
Per fortuna grazie all’ azione delle Forze dell’ Ordine nel corso degli anni si è ripristinata una situazione di quasi normalità. Ricordo che era spasmodica l’ attesa per la festa di Capodanno.
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Già a partire da una settimana prima facevamo il sondaggio tra amici per chi poteva mettere casa a disposizione. Nei casi più disperati si arrivava anche ad affittare un locale all’ ultim’ora o ad imbucarsi in una festa last minute insieme a gente quasi completamente sconosciuta. Spesso la prima volta in discoteca coincide proprio con la notte di Capodanno. Ricordo nei primi anni ottanta che andai alla “Pazza Idea”, una bella discoteca che si trovava in zona Monticello. Le musiche erano quelle dei Duran Duran, degli Spandau Ballet, degli Europe. A cavallo tra gli ’80 ed i ’90 mi adoperavo ad organizzare nottate di Capodanno molto belle con tanto di DJ con gli indimenticabili 45 giri.
Nei primi anni dell’ università non potendo più contribuire ad organizzare le festicciole di fine anno, mi trasformai in uno Yes Man pronto ad accettare qualsiasi proposta pur di fare qualcosa per fine anno. Man mano che passavano gli anni cominciai a perdere l’ interesse per la festa di Capodanno ad ogni costo ed iniziai a passarne qualcuno anche un po’ particolare fuori dalla mia amata Grottaglie. A parte quello “forzato” trascorso nella polveriera di Poggiorsini durante il servizio militare quando un marescialllo impietosito si avviò apposta da Altamura a portarci appena in tempo un brachetto da poter stappare, ricordo una notte di Capodanno molto triste, ma particolare allo stesso tempo, trascorsa all’ Hospice di Livorno insieme a quel sant’uomo del dott. Sirio Malfatti che recentemente ha interpretato praticamente se stesso nel film “La prima cosa bella”.
Queste esperienze mi fanno pensare durante ogni notte di Capodanno a chi per un motivo o per un altro è meno fortunato di me. Il Capodanno scandisce gli anni della nostra esistenza perchè rappresenta un giorno del quale comunque ci ricorderemo sempre e che ci fa lucidamente valutare lo scorrere del nostro tempo.
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La prossima nuttata ti Caputannu forse la passerò in Ospedale a Brindisi coi miei pazienti e rivedrò come flash nella mente, i piatti rotti da ragazzino, il rumore dei botti nella “polveriera” di Viale Matteotti, le feste alla Pazza Idea, al Charlie, al Meeting, al Paradiso, in Piazza Regina Margherita con amici vecchi e nuovi nella magica atmosfera della nostra amatissima Grottaglie.
Per il cenone preparate tutto ciò che desiderate ma non fatevi mancare la lintecchia, ca porta sorde. Indossate biancheria intima di colore rosso e, se potete, baciatevi sotto al vischio, che è di buon auspicio.