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C’è una letteratura che ha un senso e una letteratura che vive la “ragione”. C’è lo scrittore che vive di esibizionismo e c’è lo scrittore che cattura il silenzio. Il mondo sciamanico è un invito a catturare il silenzio. Io mi sono formato al linguaggio dei silenzi come potere del tempo di Carlos Castaneda. Il potere del silenzio è nella magia dello sguardo. A 90 anni dalla nascita di Carlos Castaneda non va dimenticato il limite della parola Perché letteratura e alchimia hanno sempre un viaggio interrotto e poi ripreso tra i cominciamenti dei simboli? La letteratura diventa una rappresaglia quando non si fa preghiera e illuminazione. Nel percorso di una letteratura simbolo la figura dello sciamano diventa fondamentale.

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Viaggiare dentro la propria anima è viaggiare nella saggezza dello sguardo, dell’ascolto, dell’impeccabilità, del guerriero della luce e mai delle ombre. Il combattente del sole, della luna e mai delle ombre e delle tenebre. Carlos Castaneda. Ritorna con il silenzioso passo. Leggiamolo con umiltà e con coraggio. A chi manca il coraggio di vivere la letteratura come magia, alchimia, mistero si allontani da Carlos. Ma la parola non può esistere senza i simboli sciamanici del sogno.

Ci sono parole di consolazione ma ci sono anche illuminanti visioni in cui la letteratura non è soltanto linguaggio ma contemplante eternità. C’era una volta un tempo in cui la memoria era soltanto sogno. E il sogno si colorava di fantasie lungo i viaggi dell’essenza della vita. Il silenzio era potere. Il potere del silenzio era una arcana energia dello spirito.

C’era una volta la memoria, che si sposava con il mistero e l’isola della metafora era l’isola dei segreti , dei segreti velati e poi chiariti. La magia e il mito ridisegnavano i luoghi di questo mistero.

Nell’isola di Carlos Castaneda (in origine Carlos César Salvador Aranha Castaneda, Cajamarca, 25 dicembre 1925 – Los Angeles, 27 aprile 1998) la magia e il mito sono richiami ed echi che ci portano nella lontananza del tempo – memoria. Ritorna con noi spesso. Spesso si fa silenzio.

L’isola del Tonal di Castaneda (Rizzoli, 1997) è un intreccio di sfere la cui cultura diventa sapere dei popoli. E i popoli si impossessano di questo sapere filtrando il tempo attraverso la nostalgia. I dialoghi tra don Juan con don Genaro aprono le finestre al vento della memoria.

Si legge: “Il mondo non si offre a noi direttamente; di mezzo vi è la descrizione del mondo. Propriamente, quindi, noi siamo sempre a un passo di distanza e la nostra esperienza del mondo è sempre un ricordo dell’esperienza. Noi siamo perennemente in atto di ricordare l’istante che è appena accaduto, appena trascorso. Noi ricordiamo, ricordiamo, ricordiamo”.

È un andare tra i ricordi. Ma la distinzione tra il ricordare e afferrare la memoria è presente. Nel tempo i ricordi si frantumano e si raccolgono sulla tastiera della memoria. Nella memoria c’è il sapere e c’è il potere. Sentire, sognare e vedere. Sono i compiti anche della farfalla notturna che si metaforizza con il suo volo e con la sua presenza nel mondo. Il mondo e la memoria.

Castaneda filtra queste due dimensioni che sono delle sfere. La circolarità del tempo è un ritornare costantemente, al punto di partenza. Nel potere del silenzio c’è la circolarità del tempo – memoria. Il sognare. O il viaggiare. Già, appunto il viaggiare è il tema dominante della ricerca di Castaneda. Proprio ne L’isola di Tonal il viaggio è la trasparenza dell’isola. L’isola della partenza ma anche l’isola del ritorno. Dove i riti magici si compiono, si offrono, si avvertono. Il mondo degli stregoni non è soltanto il mondo della magia. È il mondo del sogno.

Si legge in Il potere del silenzio. Arcane energie dello spirito (Rizzoli, 2001): “Il nagual Elìas aveva grande rispetto per l’energia sessuale disse don Juan. Riteneva che ci fosse stata perché la usassimo nel segno. Credeva che il segno fosse caduto in disuso perché poteva sconvolgere il precario equilibrio mentale delle persone sensibili”.

È un itinerario lungo ma circolare. Per esempio così in Il secondo anello del potere (Rizzoli, 2001), in Il dono dell’aquila (Rizzoli, 1985), in L’arte di sognare (Rizzoli, 2000). Il sapere e il potere sono, comunque, incarnate dalla metafora della farfalla notturna che troviamo ne L’isola del Tonal. La sottolineatura è singolare oltre ad essere bella.

“Il sapere e il potere. I sapienti hanno l’uno e l’altro. E tuttavia nessuno di loro potrebbe dire come riuscì ad averli: potranno solo dire che li hanno ottenuti agendo come guerrieri, e che ad un dato momento tutto è cambiato”. I guerrieri della notte si incontrano con la farfalla.

E poi: “Un guerriero deve essere calmo e padrone di sé, senza perdere mai il controllo”. Gli stregoni e i guerrieri. Ma è Castaneda che incide un solco con queste parole: “Se volete esprimervi in modo preciso secondo gli stregoni, ma in modo molto ridicolo secondo il vostro linguaggio, potete dire che stanotte avevate un appuntamento con una farfalla notturna. Il sapere è una farfalla notturna”.

Le metafore sono anch’esse circolari perché camminano nel cuore del tempo e si fanno voce dentro l’anima del guerriero. Ma queste metafore chiedono allo stregone di mobilitarsi nel linguaggio. Alla fine il tempo è sempre il mistero, che si imprigiona nella memoria e si fa destino.

Appunto, il destino. L’incontro tra l’Occidente e l’Oriente è anche qui la trasparenza del potete del silenzio. E questo potere senza la forza e la consapevolezza del destino è follia. Ma Castaneda si rivela nell’isola, si rivela nel silenzio, si rivela nel sogno.

Tre percorsi la cui luce primordiale vive non solo nel passato ma nella richiesta del presente. Il futuro è già memoria. La conoscenza è destino. Il silenzio interiore è la civiltà che si fa memoria. Un invito ad andare oltre alla ragione. Oltre la ragione c’è sempre il mistero. Un mistero che fa del nostro cammino il senso e l’orizzonte nella luce illuminante. Il volto non della verità ma del viaggiare dentro la propria anima.

Io che ho seguito e non smetto di leggere e di vivermi nell’immaginario di Castaneda ho sempre trovato il mio compagno di strada. Un compagno nella vita e nelle parole. Nei linguaggi e di ciò che usiamo chiamare letteratura nella spiritualità del sogno. Tutto altrimenti diventa relativo. Ed io che al relativismo non mi sono mai affidato e tanto meno alla ragione trovo in lui l’aquila e il volo tra il sogno e la fede. Proprio vivendo tra il sogno e la fede il potere del silenzio diventa sempre più un camminamento tra il Tempio della notte e la notte che si fa giorno. Quando lo sciamano si racconta con la letteratura il silenzio ha il suo potere nel camminamento delle parole che abitano l’anima.

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