«Chissà se l’estate del 2016 sarà ricordata come quella della svolta per Taranto? Quella in cui un territorio acquisisce piena consapevolezza delle sue possibilità e modifica il proprio destino diventandone il principale artefice.» Se lo chiede Antonio Caramia, già Presidente Confindustria Taranto e già Vicepresidente Confindustria Puglia.
«Mi piacerebbe – prosegue Caramia – che fosse così ma, realisticamente, temo che dovremo attendere ancora. L’estate che ormai sta per concludersi, sarà ricordata per l’incremento delle presenze turistiche a Taranto, per il rinnovato interesse per il museo MarTa, per le file all’ingresso del Castello Aragonese, per lo stupore sul volto dei visitatori in Città Vecchia. Questa, almeno, è stata la narrazione offerta dai media. Immagini che ci riempiono d’orgoglio, ma che devono farci riflettere su alcune cose.
La prima. Non potrà esserci vero sviluppo turistico fino a quando l’Ilva continuerà a spargere sul nostro territorio fumi e polveri dannosi per la salute e per l’ambiente. Lo stabilimento siderurgico va chiuso senza se e senza ma, per dare finalmente avvio ad un nuovo modello economico incentrato sulle bonifiche del territorio, su un sistema industriale pulito e innovativo, sulla filiera del turismo, della produzione e della trasformazione dei prodotti agricoli, sulla risorsa mare, sul rilancio dell’artigianato, su un terziario moderno, su una logistica efficiente e proiettata sui mercati internazionali, sul patrimonio artistico e culturale.
Dalla riconversione – afferma Antonio Caramia, potranno svilupparsi decine di migliaia di posti di lavoro, il doppio o il triplo di quanti ne garantisce l’Ilva grazie ai contributi che lo Stato sta elargendo per tenere in vita una fabbrica che perde quasi 50 milioni di euro al mese. L’Italia è sotto la lente della Commissione europea per presunti aiuti di Stato concessi all’Ilva. Sotto esame ci sono il prestito ponte da 300 milioni e le misure contenute nella legge di stabilità 2016, per un totale di circa due miliardi di euro. Basterebbe dirottare queste risorse sulla riconversione del territorio ionico per avviare un processo di cambiamento e di rigenerazione del tessuto economico e sociale senza precedenti. Il presunto salvataggio dell’Ilva non lo pagheranno i futuri acquirenti, lo stanno già pagando tutti gli italiani con gli aumenti sulla bolletta elettrica e con il coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti che investirà i soldi dei piccoli risparmiatori in un’operazione ad alto rischio.
La seconda cosa su cui voglio soffermarmi è che questo piccolo “miracolo” estivo si è compiuto in un contesto poco favorevole, se non addirittura ostico all’attività turistica. A Taranto sono stati pochi, finora, gli interventi di programmazione, di organizzazione che contribuiscono al miglioramento della qualità della vita e quindi dell’accoglienza.
Eppure progressi ci sono stati, questo è innegabile. Come mai? Tutto merito di una favorevole e fortuita congiuntura? Crediamo di no. Il piccolo miracolo turistico che Taranto ha vissuto questa estate è frutto, probabilmente, delle intuizioni di alcune persone che da anni operano silenziosamente. Cito su tutti l’ammiraglio Francesco Ricci artefice del rinascimento del Castello Aragonese.
Ma non si può fare affidamento solo su questo. Così non andremo lontano. E non andremo lontano senza una rete di collegamenti moderna ed efficiente che può avere nell’aeroporto di Taranto/Grottaglie il suo snodo principale. Nel 2017 Ryanair investirà in Italia un miliardo di euro e Renzi sbandiera questo accordo come un successo della sua politica. Non più di un paio di settimane fa il premier è venuto a Taranto a snocciolare dati sugli interventi messi in campo dal Governo per il rilancio del capoluogo ionico. Ma ora potrebbe fare una cosa semplicissima e senza alcun costo a carico dello Stato: far investire una parte di quel miliardo di euro per riaprire l’aeroporto di Taranto/Grottaglie. Lo farà? E soprattutto, glielo chiederanno con forza le nostre istituzioni: Regione Puglia, Provincia e Comune di Taranto?
Infine, un’ultima cosa – conclude Antonio Caramia, già Presidente Confindustria Taranto e già Vicepresidente Confindustria Puglia. Taranto deve migliorare sotto molti aspetti per potersi definire a pieno titolo città turistica, ma il più importante miglioramento che deve compiere riguarda la sua classe dirigente.»