«Svelato l’inganno delle cagliate provenienti dalla Germania e dirette in Puglia che diventano, a discapito di allevatori e caseari onesti e degli ignari consumatori, fiordilatte “Made in Italy”, gli allevatori pugliesi al Brennero, aiutati dalle forze dell’ordine, fermano e ispezionano TIR e non ci stanno al furto di identità e valore economico che quotidianamente subiscono il ‘canestrato’ pugliese, il cacioricotta, la mozzarella e la burrata, solo alcuni dei 18 formaggi tradizionali e DOP di Puglia che rischiano di scomparire per colpa di schifezze provenienti dall’estero».
È il vicepresidente di Coldiretti Puglia, Alfonso Cavallo, tra l’altro presidente della federazione ionica, a fare da portavoce agli agricoltori pugliesi che al Brennero hanno voluto dimostrare ai consumatori che circa un terzo (33%) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati con il marchio “Made in Italy” contiene materie prime straniere, secondo quanto emerso dal dossier presentato alla frontiera, dove continua la mobilitazione di migliaia di agricoltori che sono stati raggiunti dal ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, reduce dal Consiglio dei Ministri agricoli a Bruxelles. «In Puglia – sostiene Coldiretti, a fronte dei 1.939 allevamenti che producono 3,6 milioni di quintali di latte bovino, le importazioni di latte dall’estero raggiungono i 2,7 milioni di quintali, e i 35mila quintali di prodotti semi-lavorati quali cagliate, caseine, caseinati e altro, utilizzati per fare prodotti lattiero-caseari che vengono, poi, “manipolati” e trasformati in prodotti lattiero-caseari “Made in Puglia”.
I produttori di Coldiretti, affiancati da Polizia, Guardia di Finanza e Carabinieri dei Nas hanno già hanno ispezionato decine di camion in transito al Brennero per portare in Italia prodotti dall’estero, pronti a diventare italiani.»
«Negli ultimi mesi il prezzo del latte alla stalla in Puglia – ha aggiunto Aldo De Sario, direttore di Coldiretti Taranto – è sceso del 20%, anche perché dalle frontiere italiane passano ogni giorno 3,5 milioni di litri di latte sterile, ma anche concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori. Tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle in vendita sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio indicarlo in etichetta.
Nell’ultimo anno hanno addirittura superato il milione di quintali le cagliate importate dall’estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte pari al 10 per cento dell’intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall’Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità. La situazione rischia di aggravarsi con la richiesta della Commissione europea all’Italia di porre fine al divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari previsto storicamente dalla legge nazionale. Una lettera di diffida, sollecitata dall’associazione italiana delle industrie lattiero casearie (Assolatte), alla quale l’Italia dovrà rispondere entro il 29 settembre per evitare il rischio di una procedura di infrazione e il via libera ai formaggi senza latte ottenuti con la polvere.
Gli industriali che premono in Europa per fare il formaggio senza latte sono peraltro – denuncia Coldiretti – gli stessi che sottopagano il latte italiano e fanno chiudere le stalle, mentre il “Made in Italy” alimentare nel settore lattiero caseario è dominato da una multinazionale straniera che impone unilateralmente agli allevatori le proprie condizioni, beffa le istituzioni nazionali, minaccia la qualità della produzione italiana e inganna i consumatori italiani, considerato che il latte nel nostro Paese ha i prezzi al consumo più alti in Europa. Il tutto con il paradosso – rileva la Coldiretti – che gli italiani pagano un prezzo molto elevato per i formaggi e il latte fresco mentre agli allevatori si riduce la remunerazione senza tener conto della qualità del latte italiano. Lo dimostra il fatto che il prezzo del latte fresco moltiplica più di quattro volte dalla stalla allo scaffale con un ricarico del 329 per cento. Il risultato è che oggi il latte agli allevatori italiani viene pagato meno di venti anni fa.
Occorre allora intervenire – sostiene la Coldiretti – per ripristinare le regole di trasparenza sul mercato di fronte ad un vero e proprio attentato alla sovranità nazionale che non sarebbe certo tollerato in altri Paesi dell’Unione Europea come la Francia. La Coldiretti intende attivare le opportune azioni legali a tutela degli interessi degli allevatori per assicurare l’attuazione della legge 91 del luglio 2015. Tale legge in esecuzione dei principi comunitari, impone che il prezzo del latte da riconoscere agli allevatori debba commisurarsi ai costi medi di produzione.»