«Per l’indotto dello stabilimento Arsenale di Taranto è allarme. Nulla infatti è cambiato, rispetto ai mesi scorsi, in termini di disponibilità di risorse da destinare alle manutenzioni navali, alle forniture ed ai servizi.» Ad evidenziare la profonda sofferenza di uno dei settori più importanti della economia ionica è una nota di Confindustria Taranto.
«Malgrado le molteplici istanze che in tal senso questa Confindustria ha nel tempo avanzato direttamente al Ministero Difesa in ordine alla necessità di garantire risorse indispensabili al prosieguo delle attività – si legge nella nota dell’associazione datoriale, si registra per l’anno in corso – e per il prossimo – un budget ridotto al lumicino, tale comunque da non prevedere alcun tipo di programmazione, anche minima, per consentire alle aziende dell’indotto arsenalizio di proseguire nelle loro attività. Nello specifico, dopo l’ultimazione della commessa relativa ai lavori di manutenzione su Nave San Marco (che avverrà presumibilmente entro la fine del mese di giugno) non sono previste altre attività sulle unità navali militari, e a rischio appaiono anche quelle commesse, come nel caso dei lavori di adeguamento e manutenzione a bordo del Sommergibile Scirè, programmate per l’Arsenale di Taranto. Nel caso specifico, infatti, i lavori rischiano di essere effettuati da Fincantieri, nel cantiere navale di Muggiano (TS). Nessuna certezza anche per gli interventi di adeguamento su Nave Cavour, (una commessa di circa 60 milioni di euro), che, malgrado fossero stati programmati per l’Arsenale di Taranto, potrebbero essere spostati a La Spezia.
Esistono, contestualmente, situazioni che allo stato attuale appaiono ulteriormente penalizzanti, in prospettiva, per lo stabilimento di Taranto – afferma Confindustria. E’ il caso delle otto unità navali appartenenti alla Classe FREMM: lo Stato Maggiore, avrebbe recentemente stabilito che tutte le navi di questa Classe facciano base a La Spezia, disattendendo di fatto ad accordi che prevedevano che quattro di esse sarebbero state destinate a Taranto e, le restanti a La Spezia. Si tratta, come è evidente, di una serie di condizioni di segno negativo che vanno a confluire all’interno di un contesto già drammatico, al quale è urgente si possa far fronte – ed in questo senso ci rivolgiamo al ministero Difesa e al Capo di Stato Maggiore – attraverso tutti gli strumenti possibili.
Ricordiamo inoltre, ad onor di cronaca, che, proprio al fine di fronteggiare la carenza di attività lavorative su navi militari – ed a seguito della disponibilità dell’Arsenale di Taranto a favorire l’utilizzo dei Bacini anche per altri utenti – l’indotto locale si è cimentato ad effettuare lavori su navi della Marina Mercantile, dando luogo all’istituto della cosiddetta permuta. Anche su questo fronte, apparirebbe utile consentire alle stesse imprese di poterne trarre un minimo vantaggio (oltre quello di incentivare il traffico del naviglio non militare), attraverso la stipula di contratti-quadro di permuta della durata di almeno 4/5 anni, con tariffe ridotte o simboliche, in modo tale da poter garantire al comparto mercantile l’utilizzo dei Bacini nel tempo, fatte salve le esigenze della Marina Militare per le proprie Navi.
Questo quadro complessivo, che contiene anche qualche spunto propositivo per evitare che un intero comparto di alta professionalità (oltre che di tradizione) possa affondare definitivamente, è stato già portato da Confindustria Taranto all’attenzione del competente Ministero, ed in questo senso auspichiamo e sollecitiamo un forte pressing da parte dei nostri parlamentari. E’ altrettanto indispensabile, tuttavia, che sulla questione intervenga tutto il fronte istituzionale, locale e non, perché le sorti dell’Arsenale di Taranto riguardano tutto il territorio pugliese.
L’auspicio – conclude Confindustria Taranto – è pertanto che della problematica si faccia carico attivamente anche chi, fra qualche settimana, andrà a ricoprire lo scranno più alto di via Capruzzi.»