“Questo libro vuole arrivare al cuore di chi soffre, per consegnare un messaggio di speranza. La vita non è un castigo per chi patisce nella sofferenza né un privilegio per chi vive nell’agiatezza. E’ una continua ricerca verso l’evoluzione dello spirito che, attraverso le esperienze terrene, progredisce verso la sua meta. Conoscere se stessi, capire il vero significato della felicità e dell’amore, può significare avviarsi verso la porta suprema, alla scoperta dello spirito dal quale siamo venuti.” Questa la presentazione del libro “All’inferno ho scoperto il paradiso” di Letizia Titolo (Casa editrice Kimerik, ISBN: 978-88-6884-508-7).
Inferno e Paradiso sono forse tra le diadi più usate (ed abusate) nelle opere artistiche, ma rendono bene l’idea che l’Autrice vuole trasmettere, partendo dalle sue personali esperienze di vita. Ancor più esplicita la piega di copertina, che ammonisce che: “Chi vi parla attraverso la scrittura, ha vissuto gran parte della sua vita all’inferno, ma ha lottato con le unghie e con i denti per uscirne. Come ha fatto? Scavando ovunque, senza sosta, anche di fronte a continue delusioni, con le gambe rotte, le dita sanguinanti e il cuore a pezzi. Ha iniziato a scavare perché cercava un colpevole, invece ha trovato il paradiso”. L’avvertito lettore possiede quindi tutti gli elementi per capire che le quasi trecento pagine che ha tra le mani non saranno un asettico manuale di “Self-improvement” o una lacrimevole biografia che punta a commuovere, quanto piuttosto una sincera – per quanto opportunamente discreta – condivisione di un percorso di vita ed evoluzione personale.
E’ la stessa autrice a scriverlo, nelle prime righe della prefazione; non soluzioni preconfezionate ma solo semi, da far crescere – a cura di ciascuno – nel proprio giardino, con la propria acqua e le proprie cure, consapevoli che – come ancora si legge nella stessa prefazione: “La vita è una continua ricerca verso l’evoluzione dello spirito che, attraverso le esperienze terrene, progredisce verso la meta: ritornare allo sspirito da dove è venuto”. La storia che Letizia Titolo racconta – spiega ancora al termine della prefazione – è narrata da un punto di vista comune a tutti, ma subito dopo sposta l’attenzione sul suo vero significato, trasformando le esperienze in compiti da studiare, per un fine più nobile di quello che appare. E di esperienze, nell’arco dei più di cinquant’anni di vita in cui l’Autrice ha cercato risposta ai sui tanti perché, ce ne sono tante; esperienze che gli fanno dire di aver vissuto all’inferno per anni, per scoprire poi che l’inferno in realtà non esiste, giungendo infine al paradiso. Una vita non facile, quella di Letizia Titolo, mai piegata dalle avversità e sostenuta dal coraggio e dalla determinazione; una vita che “è una continua ricerca verso l’evoluzione” ed in cui “le esperienze sono una opportunità per tale scopo”.
I primi tre capitoli sono dedicati ad una analisi sempre più profonda della violenza, delle sue diverse espressioni, dei suoi motivi scatenanti e del suo fine ultimo. L’Autrice esprime una tesi forte, che non tutti condivideranno, ma che parte da un vissuto personale e che – come tale – esprime la forza e la sincerità di una testimonianza maturata a proprie spese. Letizia Titolo si pone sul non facile e assai poco comodo crinale tra una fede passiva e consolatoria ed un ateismo cinico e disperato; non crede che le violenze siano frutto di un caso fortuito e cieco, ma altrettanto esclude che siano un modo che usa Dio per metterci alla prova.
Più e più volte, nelle pagine del libro, è ribadita e sottolineata la fondamentale importanza delle prove a cui ciascuno di noi è sottoposto nel suo transito terreno, prove a cui a nessuno è dato di derogare in vista di un traguardo che ben racconta l’Autrice nel penultimo capitolo, “In viaggio verso la porta suprema”, che si conclude con queste parole: “Non mi spaventa la porta suprema, […] so che nessuno all’infuori di me potrà condurmi leggera, nessuno potrà interferire, io sono la sola responsabile della mia vita […].”
Quello che l’Autrice chiama “viaggio verso la scoperta dello spirito” è durato quindici anni, ed in questo libro è descritto con una evidente partecipazione, non come il reportage di un turista distante e obbiettivo ma come il pellegrinaggio appassionato e partecipe; non mancano – nelle pagine scritte – quelli che potrebbero essere indicati come errori ed ingenuità, lo stile non è quello dello scrittore navigato o del biografo professionale e questo va a tutto merito di chi ha voluto comunicare – con meno filtri possibili – con i suoi lettori, non per fornire risposte ma per stimolare domande, domande come “Sono pronta per scoprire il mondo spirituale?” con cui – significativamente – Letizia Titolo conclude il suo “All’inferno ho scoperto il paradiso”, evidenziando che il suo percorso e la sua voglia di esplorare sono tutt’altro che giunti al termine.