«Il nuovo contratto integrativo provinciale del settore agricolo e florovivaistico segna uno spartiacque. E’ un patto che aziende e organizzazioni sindacali in nome dei lavoratori sanciscono in nome della lotta alla illegalità, al caporalato e al dumping contrattuale.» Così Assunta Urselli, segretaria della FLAI CGIL di Taranto nel corso della conferenza stampa in cui il sindacato ha esposto con dovizia di particolari i risultati della lunga contrattazione (17 mesi) per il rinnovo del contratto del settore varato finalmente lo scorso 13 luglio.
«E’ un segnale politico importante – specifica Paolo Peluso, segretario generale della CGIL di Taranto – perché dimostra che se si crea un asse forte tra sindacati e impresa si ha anche la giusta capacità di affrontare fenomeni distorsivi di sfruttamento e concorrenza sleale che nuociono sia alle aziende che ai lavoratori, ma anche al buon nome dell’agricoltura pugliese.
Insomma un compromesso in cui ognuno ha trattato la materia ponendo particolare attenzione alla difesa del comparto che da alcuni anni è anche una voce importante dell’export pugliese confermando anche il grande potenziale di crescita del settore che anche attraverso questo contratto cerca il salto di qualità.
Abbiamo certificato con maggiore forza che i lavoratori non sono una variabile di costo marginale in questo mercato, ma al contrario rappresentano il vero valore aggiunto delle produzioni pugliesi e per questo come categoria l’impegno è stato verso strumenti che fossero in grado di rivelare finalmente la presenza di lavoratori che con forme contrattuali ridotte, in grigio o addirittura in nero sfuggivano ad ogni tipo di riconoscimento.»
«E’ nata così la formula di contratto sperimentale di quest’anno.
Abbiamo concesso uno slittamento dei salari dal mansionario agricolo. Si tratta di un contenuto ribasso salariale a fronte della certezza dell’applicazione del contratto, di una garanzia sul reddito e di un censimento più preciso sulle attività in campagna che si svolgono nella nostra provincia – spiega Assunta Urselli – una fase che nel corso di quest’anno (per questo sperimentale – ndr) ci dirà esattamente quali sono le aziende che hanno avuto aderire al contratto così strutturato, quali quelle che non aderendo di fatto dovrebbero attuare il contratto nazionale con formula piena e quindi procedere ad assunzione conseguenti.
La via sperimentale dunque alle aziende di abbassare leggermente i costi a fronte di una trasparenza massima sulle operazioni di ingaggio del personale – sottolinea la segretaria della FLAI, specificando che tutto dovrà essere comunicato in tempo reale all’Ente Bilaterale neo costituito del settore e da qui all’Osservatorio provinciale sul lavoro agricolo.
Ente Bilaterale e Osservatorio saranno i nuovi strumenti a disposizione di imprese e lavoratori. L’Osservatorio nello specifico analizzerà l’andamento dell’occupazione dei lavoratori stranieri (Comunitari e non Comunitari in ambito provinciale) anche al fine di fornire indicazioni alle parti costituenti circa il relativo fabbisogno occupazionale, monitorerà l’occupazione e le azioni idonee al fine di superare le eventuali disparità esistenti e contrastare i fenomeni di dumping tra imprese ed offrire pari opportunità nel lavoro e nella professionalità, tutto ciò dovrà garantire l’applicazione delle leggi esistenti comprese quelle europee in tema di parità.»
«Questo contratto è un buon risultato – termina Peluso – è il segnale di una rinnovata maturità del settore che comprende finalmente che ogni volta che un lavoratore straniero o italiano finiscono nelle maglie di imprenditori o intermediari senza scrupoli a perderci siamo tutti e in particolar modo le imprese che invece lavorano con onestà, impegno e rispettando le leggi.
Il contratto prevede novità anche sul fronte della regolarità contributiva, sulla formazione professionale, sulle politiche dell’accoglienza, su gestione degli orari e delle ferie, sulla segnaletica in lingua e sulle informazioni essenziali sulla sicurezza e i contratti da rendere anche in lingua straniera.
Il contratto in questione riguarderà nella sola provincia di Taranto circa 30mila lavoratori.»