Il freddo in quei giorni cominciava ad essere pungente. Nel pulmino giallo numero uno ero rimasto praticamente da solo. Avevamo già accompagnato tutti i bambini di Mannara e Monte Pizzuto e la solitudine si portava via tutto quel poco che era rimasto del giorno. Appena finito di pranzare mi aspettava un pomeriggio diverso, uno di quelli che nella semplicità di tre decadi fa rimane sicuramente per sempre nel cuore di un bambino.
Ricordo che era un sabato e scesi nello studio di mio padre per vedere cosa stesse facendo. Vidi un piccolo paesaggio in miniatura, brullo, che ricordava la nostra macchia mediterranea e la forma di una grotta ancora da definire. E allora mio padre mi disse :”Ti piace? Ora però prima che faccia buio dobbiamo andare in campagna perché ci dobbiamo mettere ancora gli alberi”. Appena arrivati raccogliemmo un po’ di mirto selvatico, la murtedda. Una volta ritornati a casa infilammo alcuni rametti di murtedda nel paesaggio di polistirolo che ricoprimmo con del muschio. Sembrava proprio un paesaggio vero… E quei piccoli rametti ti murtedda sembravano proprio degli alberelli veri in miniatura, tutti nodosi, ricurvi con le fronde addensate, proprio come i calaprici, ossia i peri selvatici delle nostre macchie. Un paesaggio nostrano divenuto presepe, il più bel presepe che abbia mai visto. Felice per il presepe appena fatto andai subito in cucina a dirlo a mia madre. La vidi tutta indaffarata col tavolo pieno di piatti, coppe e quant’altro serve per preparare una ottima cena. Non mi rendevo conto di che giorno fosse, i bambini in genere non fanno calcoli, non guardano il calendario, ecco perché per loro è tutto una sorpresa perché non si aspettano niente. Arrivò la sera, non avevo compiti da fare perché il giorno dopo era comunque domenica. E a tavola una cena speciale. Innanzitutto c’erano le pettole belle calde e fumanti appena fritte e poi tanto pesce: triglie, baccalà, cicale di mare. Sicuramente una bella cena speciale. E poi a coronamento di tutto una calda atmosfera natalizia creata dal lampeggiare di coloratissime luci attorno ad un piccolo abete posto in un angolo della stanza.
Fuori, dalla strada, si sentivano i rumori dello scoppio delle prime bbommicedde e ahimè delle prime Minervae. Ero in pieno clima natalizio. Che bello! Il presepe, l’ albero con le luci, le tante cose buone da mangiare a tavola la sera… era il 7 dicembre la vigilia dell’Immacolata. Con l’Immacolata entriamo decisamente in un clima prettamente natalizio. Durante la sera della vigilia, sempre bella perché il giorno dopo in teoria non si lavora, nelle nostre case si preparano le pettole, proprio come il giorno di Santa Cecilia. Inoltre è d’obbligo il baccalà in tutte le sue varianti. Lo si mangia come primo, i classici viermiciedde cu lu baccalà, o per secondo, fritto o al forno cu li patane. L’importante è che prima bisogna tenerlo per molto tempo a bagno, cambiando spesso l’acqua altrimenti è talmente salato da risultare quasi amarognolo. E poi le triglie, li tregghie, i calamari ripieni, li calamare chini, i totani fritti, le cozze, le cozze di San Giacomo, le cozze pelose: tutto rigorosamente a base di pesce perché – non lo dimentichiamo – si tratta sempre di una vigilia e come tale non ci si n’cammarescia ossia non si mangia la carne. Oltre al pesce e a li pettole un piatto caratteristico da consumare sono li verze ssitute ossia le verze stufate, un piatto tipico invernale reso orfano, almeno per questo giorno, della salsiccia. Il giorno dell’ Immacolata è molto particolare perché è quello in cui si accendono tutte le luminarie per il periodo natalizio ed il Viale e Via Marconi assumono una veste decisamente più bella.
Dulcis in fundo poi c’ è la processione con la statua dell’ Immacolata Concezione che viene portata a spalla lungo le più importanti vie del paese e che come tutte le processioni qui al sud trasmette sempre quel senso di mistero misto a sacro che da sempre rappresenta un filo continuo indelebile fra un lontano passato ed i tempi moderni.