Di solito, nel parlare di un libro, si accenna a cosa il lettore potrà trovare tra le sue pagine; in questo caso – facendo eco alla prefazione – possiamo dire subito cosa non c’è: indice, capitoli, nomi, luoghi, date.
Ne “La vita a parole mie” di Alberto Maria Fago troviamo invece ricordi ed emozioni, non chiari e lucidi come li distillerebbe un freddo segretario di tribunale ma confusi e contorti come li riporterebbe chi quelle emozioni e quelli ricordi li senta ancora propri, pulsanti sottopelle.
Una storia, due racconti
Non è un racconto corale, ma una cronaca a due voci, in cui i due protagonisti di una storia unica e banale come quella che tanti (si) raccontano, riportando ognuno non solo ciò che hanno vissuto ma anche quello che credono abbia vissuto l’altro/a.
Non è una gustosa commedia degli equivoci alla Georges Feydeau e neppure una “piccola storia ignobile” come la avrebbe raccontata un Guccini d’annata; è piuttosto quel folle agitarsi di sentimenti e passioni che a raccontarle non ci si crede e che pure sappiamo bene che avvengono ogni giorno.
Nella sua “La vita a parole mie”, Alberto Maria Fago non cerca la bella prosa e neppure il colpo ad effetto; sfugge alla facile trappola del “vissero tutti felici e contenti” rammentandoci invece che ciascuno di noi ha ferite e cicatrici, dolorose per quanto invisibili.
L’amore, il lavoro e quello che non ti aspetti
I due protagonisti si trovano e si scoprono, si cercano e si lasciano, si vogliono e si perdono come due personaggi di una storia perennemente fuori sincrono. Dicono la cosa giusta nel momento meno opportuno e fanno ciò che non dovrebbero convinti che sia la scelta migliore da mettere in campo.
Sullo sfondo, un Sud accennato ma presente, con il lavoro che non c’è, le compagnie di amici in cui si trascina una adolescenza fuori tempo massimo, la amara consapevolezza che amare ed essere amati sono due tempi dello stesso verbo che non sempre si coniugano insieme.
Facile leggere ne “La vita a parole mie” di Alberto Maria Fago l’abbozzo di una sceneggiature di un film all’italiana che potrebbe contare su una storia ben rodata, più difficile ammettere che questa storia è – in tutto o in parte – la storia di molti di noi, e che leggendola ci troveremo a chiederci: “ed io, al posto suo, cosa avrei fatto?”, a riprova di come e quanto il particolare di ognuno si riverberi nell’universale di tutti.
“È un romanzo filosofico-sentimentale scritto nella forma del “Flusso di Coscienza”. È la storia di una donna ed un uomo che si incontrano per caso e si innamorano. La relazione si esaurisce dopo molti anni e porta i due protagonisti a continuare ognuno con una nuova vita.
Il libro è suddiviso in 2 parti: la prima parte è il racconto che la donna fa della propria esperienza di vita condivisa; la seconda parte è la rappresentazione della stessa storia ma raccontata dal punto di vista dell’uomo. Due sensibilità distinte che si ritrovano accomunate da un amore intenso che non riesce ad evolvere a causa delle difficoltà pratiche della vita medio-borghese.
I due protagonisti raccontano parti diverse della loro storia comune, mettendo in evidenza gli aspetti di maggiore rilievo per la propria sensibilità psicologica, affettiva, relazionale e sociale dando al lettore la possibilità di riflettere sui concetti di Amore, Tempo, Speranza e Senso della Vita.
Inframmezzato da rappresentazioni poetiche, si conclude con la descrizione di un senso di positiva rassegnazione che pervade l’animo di un individuo buono e gentile ma ormai disilluso dalle vicende di un mondo che sente non appartenergli più.”
(Dalla presentazione del libro)