Abbiamo cominciato a trattare in un’altra occasione la questione della baronia arcivescovile su Grottaglie. Si tratta di una storia lunga secoli e costellata di episodi tanto luminosi quanto oscuri, come sempre accade nella storia umana.
A partire dalla fine del XII° secolo al governo religioso degli arcivescovi di Taranto si affiancò anche il potere derivante dalla giurisdizione civile e criminale, tanto da consentire al capo della provincia ecclesiastica tarantina di godere dei diritti feudali, fregiandosi del titolo di barone di Grottaglie.
Si tratterà – come abbiamo detto – di un potere esercitato per secoli dagli arcivescovi-baroni che segnarono, nel bene e nel male, la storia civile, religiosa, politica, sociale ed economica di Grottaglie, come raccontano Rosario Quaranta e Silvano Trevisani nel loro libro “Grottaglie – vicende, arte, attività della città della Ceramica”
Il passaggio di San Pietro
La storia della curia arcivescovile tarantina è lunga diversi secoli, e risale agli albori del cristianesimo.
La cosiddetta “Tradizione petrina” racconta infatti che intorno al 44 d.C. l’apostolo Pietro, proveniente dalla Palestina e diretto a Roma, abbia fatto naufragio nei pressi del tratto di costa oggi conosciuto come San Pietro in Bevagna. Qui avrebbe incontrato Fellone, uno schiavo responsabile della conduzione di una fattoria, guarendolo dalla lebbra e convertendolo al cristianesimo. Qui avrebbe poi celebrato la messa, probabilmente sacralizzando un antico luogo di culto pagano, per spostarsi poi alla volta di Taranto.
Nel suo viaggio, San Pietro avrebbe gettato le basi per le prime comunità cristiane, consacrando Amasiano come primo vescovo di Taranto, ma si tratta di notizie in cui il confine tra storia e leggenda appare evidentemente assai labile. Le prime notizie certe le abbiamo a partire dalla fine del V° secolo, quando, in una lettera di papa Gelasio I° – databile tra il 492 e il 496 – il pontefice annuncia alla comunità cristiana di Taranto l’invio del nuovo vescovo Pietro, consacrato a Roma.
Inoltre, grazie all’epistolario di Gregorio Magno, sono noti altri due vescovi tarantini tra VI° e VII° secolo: Andrea (593), accusato a Roma di concubinaggio e di aver causato la morte di una donna; e Onorio, che nel 603 fece costruire un battistero presso la ecclesia sanctae Mariae.
I baroni di Grottaglie, Potere secolare e religioso
Alcuni autori fanno risalire l’inizio del potere baronale su Grottaglie da parte degli arcivescovi tarantini al 1292; quando gli amministratori della mensa arcivescovile – termine che indica l’insieme dei beni a disposizione di una diocesi cattolica per garantire una rendita sufficiente al mantenimento del vescovo, della sua residenza e della curia diocesana – cominciarono a godere dei diritti feudali e dell’appellativo di baroni di Grottaglie, in virtù delle donazioni e dei privilegi ricevuti nei secoli passati.
Come già detto, non pochi sono i dubbi sulla legittimità dei titoli ricevuti e sulla autenticità dei documenti portati a sostegno di tali diritti; probabilmente non si giungerà mai ad una verità storicamente inconfutabile e non è certo questa la sede per discuterne. Quello che possiamo dire è che se molte furono le zone d’ombra, non mancarono amministratori illuminati e benevolenti: l’arcivescovo Angelo, dell’ Ordo Fratrum Sancti Augustini, che ottenne dalla imperatrice Costanza di riedificare Salete, i cui abitanti poi, insieme a quelli di altri villaggi, vennero ad unirsi a quelli di Casalgrande nel 1297 a seguito della petizione dell’arcivescovo Enrico Cerasolo II°, parente e omonimo del suo predecessore.
Si ricordano anche i buoni uffici dell’arcivescovo Berardo, che nei primi anni del 1200 ottenne grazie e favori da Federico II° di Svevia, e altrettanto fece, all’incirca un secolo dopo, Frate Gregorio da Capua O.P. che nel 1304 fece disporre a Carlo II° che i suoi ufficiali militari e giudiziari non molestassero gli abitanti di Grottaglie.
Confronti e scontri
Come è facile immaginare, non sempre gli arcivescovi incontrarono i favori dei regnanti, e non poche furono le vicende che li videro contrapposti.
A seguito dell’assassinio dell’arcivescovo Giacomo d’Atri,la baronia ecclesiastica viene abolita da Carlo III° Durazzo e nello stesso 1381 viene passata a Perrino de Confaloneriis, i cui eredi, sedici anni dopo, la venderanno al capitano di ventura Ottino De Caris, tristemente noto come il Malacarne.
Il potere torna agli arcivescovi grazie all’intervento armato del Principe di Taranto, Giovanni Antonio Orsini, che terrà per sé la giurisdizione criminale e darà il via a uno sdoppiamento dei poteri civile e giudiziario che durerà sino al XVII° secolo, causando oppressione e malcontento nella popolazione.
Arriviamo così, con non poche traversie, all’età moderna, di cui parleremo in una prossima occasione.
Esercitarono la loro azione su Grottaglie, alcuni – come Bernardo o Gregorio – interposero i loro buoni uffici per alleviare i disagi della popolazione, altri furono assai meno magnanimi e altri ancora – come Giacomo d’Atri – eternarono la loro memoria con opere che ancora oggi sfidano i secoli.
Ma di questo, e tanto altro, parleremo in un prossimo appuntamento, ora ascolta il podcast.