Quinto Ennio è stato un poeta, drammaturgo e scrittore romano che viene considerato, fin dall’antichità, il padre della letteratura latina, poiché fu il primo poeta ad usare la lingua latina come lingua letteraria in competizione con quella greca.
Alla sua grande fama corrispondono notizie biografiche abbastanza dettagliate ma poche opere originali, di cui ci sono giunti titoli ed alcuni frammenti.
Un poeta con “tre cuori”
Quinto Ennio nacque nel 239 a.C. a Rudiae, una città salentina non ancora individuata con certezza, situata in un territorio cui allora convivevano tre culture: quella greca che aveva come centro maggiore Taranto, quella osca dei centri minori indigeni italici, e quella dell’occupante romano.
Aulo Gellio testimonia infatti che Ennio, pur vantandosi di discendere da Messapo (eroe eponimo della Messapia e dei Messapi), era solito dire di possedere “tre cuori” (tria corda), poiché sapeva parlare in greco, in latino e in osco, una lingua parlata da un insieme alquanto eterogeneo di popoli italici che aveva un’area di diffusione, in epoca preromana, compresa in una larga parte dell’Italia meridionale, spaziando dal Sannio, alla Campania antica, alla Lucania, all’Apulia e nel Bruzio, fin nelle Serre calabresi.
Tornando al nostro Quinto Ennio, sappiamo che durante la seconda guerra punica militò in Sardegna e nel 204 a.C. vi conobbe Catone il Censore, che lo portò con sé a Roma. Qui ottenne la protezione di illustri uomini politici quali Scipione l’Africano e, poco tempo dopo, entrò in contatto con altri aristocratici del circolo degli Scipioni, filoelleni, come Marco Fulvio Nobiliore. Queste amicizie lo posero in conflitto con Catone, diffidente nei confronti delle altre culture e di quella greca in particolare.
Nel 189 a.C. Marco Fulvio Nobiliore, nella guerra contro la Lega etolica, condusse con sé Ennio come poeta al seguito, con il compito cioè di celebrare le gesta del generale. Cinque anni dopo Quinto Fulvio Nobiliore, figlio di Marco, gli assegnò dei terreni presso la colonia da lui dedotta a Pesaro e gli fece conferire la cittadinanza romana. Riconoscente, Ennio espresse orgogliosamente questa concessione: “Sono cittadino di Roma, io che un tempo fui cittadino di Rudiae”.
Sofferente di gotta, Ennio morì a Roma nel 169 a.C. Per i suoi meriti, oltre che per l’amicizia personale, fu sepolto nella tomba degli Scipioni, sull’antica Via Appia, dove fu raffigurato da un busto su cui era inciso un epitaffio in distici elegiaci che Cicerone credeva composto dallo stesso Ennio e che così recita:
“Ecco, o cittadini, i tratti dell’effigie del vecchio Ennio:
costui le massime gesta cantò dei vostri padri.
Nessuno di lacrime mi onori, né la mia morte
pianga. Perché? Volo vivo tra le bocche degli uomini”
L’importanza letteraria
Ennio sperimentò numerosi generi letterari, molti dei quali a Roma erano poco conosciuti o del tutto sconosciuti, pertanto è stato definito il vero padre della letteratura latina. Della maggior parte di queste sue opere rimangono però – come detto – solo pochi frammenti e titoli.
L’opera forse più famosa sono gli Annales, che furono il poema nazionale del popolo romano prima che fosse composta l’Eneide. In questa monumentale opera Ennio narra la storia di Roma anno per anno, come spiega lo stesso titolo, dalle origini sino al 171, sino a poco prima della morte del poeta, dunque, avvenuta nel 169 a.C., e si ispira al modello greco, come farà poi Virgilio. L’opera era strutturata in 18 libri, suddivisi in tre esadi, cioè in tre gruppi di sei libri, ma rimangono solo 600 versi dei circa 30 000 originali.
La narrazione della storia di Roma aveva inizio dalla caduta di Troia e dall’arrivo nel Lazio di Enea e viene condotta attraverso uno stile elevato e solenne ricorrendo spesso ad arcaismi. Ennio punta molto sulle figure di suono e specialmente sull’allitterazione per accentuare il pathos ed in alcuni frammenti desunti da episodi di guerra si nota un certo gusto del macabro.
Poiché i frammenti a noi pervenuti sono pochi e giunti per tradizione indiretta, non siamo capaci di valutare la struttura compositiva del poema maggiore e le tecniche della narrazione, ma emergono con sufficiente chiarezza le caratteristiche della lingua e lo stile elevato e solenne, che appaiono frutto di un geniale contemperamento di tratti tipicamente latini e audaci innovazioni grecizzanti. Ricorre spesso ad arcaismi internazionali, tratti distintivi di derivazione omerica (tanto che si presenta nel proemio come Omero redivivo, e Orazio stesso lo definisce alter Homerus, “altro Omero”). Infatti fu ritenuto uno dei principali fautori dell’ellenizzazione; nonostante Catone fosse uno degli scrittori più attaccati alla cultura romana, riconobbe e apprezzò in Ennio le doti intellettuali.
Una patria dibattuta
Sappiamo che Ennio nacque in una città chiamata Rudiae, quello che ancora oggi non si sa con certezza è dove esattamente questa fosse situata.
Strabone ne riferisce la posizione sulla via di terra tra i porti di Hydrus (Hydruntum, o Otranto) e Brentesium (Brundusium o Brindisi). Plinio il Vecchio, la elenca prima di Gnatia nella descrizione del territorio dei Pediculi (ager Pediculorum), confinante con Brindisi. Pomponio Mela, enumerando le città pugliesi, la cita, dopo Bari e Egnazia (Gnatia) e prima di Brindisi, come “nobile” per avuto Ennio come cittadino. Tolomeo cita Rudiae tra le città dei salentini dell’interno.
Ovidio in un verso della Ars Amatoria cita Ennio come “nato sui monti calabri”. Silio Italico, parlando di Ennio lo dice discendente del re Messapo (“antiqua Messapi ab origine regis”) e nato nell’antica Rudiae, ai suoi tempi memorabile solo per il nome del suo celebre figlio (“hispida tellus miserunt Calabri: Rudiae genuere uetustae, nunc Rudiae solo memorabile nomen alumno”).
Ad oggi le ipotesi più accreditate sono quella Taranto-Brindisina, quella Leccese e quella adriatica
A supporto della prima abbiamo diverse fonti: nel 1590 in una carta geografica del Salento opera del cartografo fiammingo Gerard Kremer (e firmata per Gerardum Mercatorem) l’antica Rudiae era indicata tra Villa Castelli e Grottaglie, all’incirca in quella che oggi è conosciuta come “Pezza Petrosa”, presso cui è possibile visitare il sito archeologico da cui sono stati tratti numerosi reperti, alcuni dei quali esposti nel museo allestito presso la casa comunale di Villa Castelli.
Uno studio pubblicato nel 1819 collocava Rudiae nell’ambito dell’antica diocesi di Uria (attuale Oria in provincia di Brindisi) e sulle propaggini delle Murge, identificate con i “monti calabri” citati da Ovidio. Negli anni trenta del Novecento, Francesco Ribezzo ipotizzava Rudiae collocata nel territorio del comune di Francavilla Fontana, mentre Ciro Cafforio nello stesso periodo, ne proponeva la collocazione a poca distanza, al confine tra la provincia di Taranto e la provincia di Brindisi, presso la già citata località di Pezza Petrosa nel comune Villa Castelli, ipotesi rinnovata negli ultimi anni da P. Scialpi ne “I Mirmidoni e Villa Castelli” del 2003 e nuovamente ne “Il parco archeologico di Pezza Petrosa a Villa Castelli” del 2011.
Secondo uno studio degli anni quaranta, il toponimo Rudiae sarebbe derivato dalla parola greco-dorica Phrouron, con il significato di “avamposto militare”, e durante il periodo di colonizzazione greca del Salento sarebbero state fondati diversi insediamenti con questo nome, che avrebbero avuto come capitale Taranto; secondo tale ipotesi potrebbero essere esistite più città chiamate Rudiae.
Negli anni sessanta Rudiae fu ancora identificata con Ceglie Messapica, che di solito è considerata piuttosto essere la città di Caelium, e negli anni settanta presso Grottaglie, come riportato da Silvia De Vitis in “Archeologia Medioevale a Grottaglie. La lama dei Pensieri” e da Arcangelo Fornaro in “Ricerche archeologiche nella gravina di Grottaglie”.
L’ipotesi adriatica trae fondamento da alcune ricerche del XIX secolo che situano Rudiae sulla parte orientale della Puglia: nel 1851 il numismatico Vincenzo Andriani la ipotizzava nel territorio di Carovigno, mentre nel 1884 fu proposta una collocazione a pochi metri dalla cinta muraria medievale della città di Ostuni. Si è anche ipotizzata la collocazione di Rudiae presso un altro sito archeologico nel territorio di Cisternino in Valle d’Itria, che viene di solito considerata coincidere con l’antica città romana di Sturnium.
L’ipotesi leccese identifica Rudiae con i resti archeologici rinvenuti nella prima periferia di Lecce, a circa 3 chilometri dal centro abitato, in direzione sud-ovest. Una menzione di Rudiae come collocata presso Lupiae, l’antica Lecce si ha in un resoconto di epoca normanna, mentre successivamente, nel XVI secolo, l’umanista Antonio De Ferrariis detto il Galateo avanzò per primo l’ipotesi di identificare la patria di Ennio con la località di Rusce, ipotesi poi accettata dallo storico ed epigrafista Theodor Mommsen.
I materiali rinvenuti ne attestano la frequentazione già a partire dal IX-VIII secolo a.C. e la nascita di un insediamento di una certa importanza tra la fine del VI e il III secolo a.C. Successivamente la città perse di importanza e già nel I secolo d.C. – secondo la testimonianza di Silio Italico – era ridotta a un modesto villaggio, in coincidenza del progressivo affermarsi di Lupiae, che proprio in quel periodo (tra I e II secolo) si dotava di un anfiteatro e di un teatro.