Quanti Natali hanno raccontato stagioni di infanzia e di giovinezza nella mia grande casa di paese? Gli anni passano. La vita infuria! Spesso faccio i conti con me stesso. Ritrovo immagini sospese. Immagini che si fanno parole. Il presepe. L’albero. Gli addobbi. La casa non è mai sola. Anche ora che vive l’assenza i passi si ascoltano. Non sono ricordi. E’ la memoria che, impeccabile, si rende vera. Io sono dentro la memoria.
Si invecchia ritrovando specchi e cocchi di fili che invadono i silenzi. Sono lì. Mio padre. Mia madre. A volte è la vita che cambia. A volte è la vita che ci cambia. Un ritornello che ascolto ogni anno. Faccio i consuntivi. Ora è un consuntivo forte che dovrò fare. Si smette una stagione e si apre un breve corridoio. La bellezza è sempre nella pazienza. Si raggiunge la pazienza dopo essere entrati nei labirinti. Non so se avrò ancora una Arianna che potrò incontrare.
Sono vissuto abbastanza
Il caffè è pronto.
Come sempre la stanza ha il profumo del mattino. Madre mi sono raccontato. È vero. Ma ho raccontato di noi. Di te di papà. Non è facile rendere piazza o angolo o spiraglio di strada una fedeltà che non è soltanto la nostra fedeltà. Di un padre di una madre. Dopo il vostro viaggio io non sono più quello che ero.
Raggiungere la pazienza è attraversare l’enigma del dolore.
Si è spezzata la mia Età. Sono entrato nel tempio del cielo. Non sono più quello che ero. Le assenze diventano incessanti presenze. Madre, sai. Non porto più bracciali colorati ai polsi. Non li sopportavi. Hai cercato di strapparli tante volte. Ora porto l’orologio al polso. Come tu mi chiedevi di fare. Indosso la camicia la cravatta e la giacca.
Tu mi chiedevi di essere sempre elegante nel vestire perché nel vestire, mi dicevi, si nota la personalità. Il blu è diventato il mio tuo colore.
Sono passati anni a vivere il davanzale della memoria. Padre, sono entrato nella pazienza e guardo tutto con molto distacco. La mia esistenza disordinata comincia ad avere ordine. Ordine e disciplina mi chiedevi. Bisogna restare fedele. Ho vissuto nella mia storia di uomo di incroci di infedeltà. Ho compenso che bisogna rispettare il senso dell’abitare una casa. Siete la mia Itaca. I miei figli sono la mia Itaca.
Non ho più il tragico e la sensualità del tradimento. Ho troppo tradito amori e storie. Ora è tempo di rincasare. Gli amori veri hanno la tradizione dell’anima. Resto fedele ai vostri insegnamenti di fedeltà. Scrivo. Cerco di scrivere. So che comincia un mio camminare diverso.
Ogni stagione ha la sua erranza. Anche questa che vivo. Ho scelto la solitudine per linguaggio di tempo. Non chiedo altro. Voi siete il porto e il vento ed io cerco di essere una tartana tra onde che sfiorano le coste.
Da qui inizia un nuovo percorrere tra spiagge di sale giochi di memoria e scavi di vita tra case che portano i segni di un tempio che ha il cielo come immenso. Con la camicia celeste la cravatta e la giacca. Senza inganni ho la religiosa storia di un destino che sa andare oltre.
Gli uomini che sanno hanno bisogno di fermarsi in un tempo imprecisato e avere la forza il coraggio la saggezza di non lasciarsi aggredire più di nessuna passione se non quella della gioia di vivere ciò che hanno. Senza cercare altro. Ciò che si ha si ha per poterlo vivere. Un insegnamento che è una sfida e una risposta al proprio esistere. Il senso della vita ha la bellezza dirompente della fedeltà del vero amore.
Dimenticavo. Al polso ho l’orologio di papà. Guardo negli occhi i giorni.
Possiamo bere il caffè?
Certo, madre. Prepara il caffè. Lungo il cammino del solstizio della profezia ti raggiungerò.
Il presepe ha le colline accartocciate. L’albero verrà poi piantato nel giardino. Siamo personaggi incuranti della nostalgia perché è tanta la memoria che è impossibile costringerla a renderla nostalgia. Quando prende il sopravvento si resta ancorati ai dettagli del vento. Soffia. Il vento. Sulla palma. Il viaggio ha il suo porto e le parole diventano un’isola che ci attraversa.
Natale! Il tempo della meraviglia si impossessa di noi. Bisogna restare fedeli per non diventare sradicati.
Il caffè è pronto. Giungerò tra le ore della Vigilia, madre, padre. Mo racconterete la storia di un paese e la griglia nobile di una famiglia. Non ho più attese ma resta ancora sul davanzale delle parole per non morire di malinconia.
Sorseggio il caffè e osservo le luci del presepe che hanno il ritmo della clessidra mentre continuo a fumare l’ultima sigaretta.