Se fino ad oggi siamo stati abituati all’utilizzo dell’ingegneria meccatronica applicata alla robotica soprattutto in ambito cinematografico e se, quindi, abbiamo immaginato i robot solo come effetti speciali dei migliori film d’animazione, è arrivato il momento di ricrederci.
Nel giro di un batter d’occhio, gli interventi chirurgici in sala operatoria saranno svolti da mani elettroniche, le partite in live streaming nei casino online soldi veri non saranno più servite da costosi dealer in carne ed ossa bensì da precisi ed impeccabili automi, nei nostri negozi potremmo impiegare commessi “umanoidi” come il Robot Pepper, macchina dalle sembianze umane che sta spopolando in Giappone e gli aerei e le auto saranno presto guidati da formidabili chatbot.
Tutti questi casi sopra citati fanno parte della cosiddetta robotica umanoide, una sezione della robotica che tanto affascina quanto fa discutere. Se da una parte è, infatti, una manifestazione chiara e potente delle fantastiche capacità che la mente umana è in grado di progettare e concretizzare, dall’altra parte crea allarmismo in tutti coloro i quali temono che l’essere umano vero e proprio verrà progressivamente rimpiazzato dalle macchine elettroniche.
Le preoccupazioni dei più restii si inaspriscono soprattutto nell’ambito del mondo del lavoro, temendo che la già precaria condizione generale dei lavoratori e le difficoltà che si incontrano cercando di trovare un’occupazione stabile e seria, possano essere definitivamente ingigantite dal boom dei robot al posto degli operai.
Ma se si pensa alla velocità e alla facilità con cui Pepper è andato totalmente sold out dopo il suo primo lancio (1500 Euro a pezzo), sembra che i sostenitori dei robot non siano pochi. Si tratta di un robot intelligente, in grado di comprendere le emozioni dei suoi interlocutorie di interagire attivamente con loro, attraverso un sofisticato sistema informatico che gli permette di decifrare le espressioni del viso degli umani con cui vive.
Un altro robot molto simile a Pepper è Asimo, la tata del futuro, progettato anch’esso con finalità domestiche e particolarmente adatto a far compagnia ai bambini. Asimo è frutto dell’ingegno di una squadra di scienziati Honda, azienda che aveva già dimostrato la sua passione per le sperimentazioni, divenendo una tra le prime ad aver lanciato la tecnologia dell’automobile ibrida.
A proposito di bambini, la robotica ludica ed educativa sta progressivamente diventando un’opzione sempre più confermata e ricercata da logopedisti, educatori e professionisti del settore.
In particolare, nel corso delle terapie indirizzate al controllo e alla cura di fenomeni clinici ormai enormemente diffusi in età infantile come l’autismo e i disturbi dell’apprendimento, si è dimostrato che la possibilità di interagire con il robot incuriosisce e stimola i bambini coinvolti, ottenendo risultati positivi in tempi ridotti.
Inevitabilmente, infatti, questi robot così sofisticati e al tempo stesso così simili e diversi dall’essere umano, provocano nel bambino un forte stupore e facilitano l’interruzione dell’asetticità che, spesso, i casi clinici più gravi impongono alla seduta terapeutica. Il trucco sta nel fatto che i robot fin dall’inizio vengono visti dai bambini in modo meno minaccioso rispetto al terapeuta che li segue, catturando la loro attenzione con la loro voce speciale, con i movimenti fluidi prodotti da un corpo rigido e con i loro colori tenui intervallati da irresistibili luci reattive agli impulsi. In particolare, il robot più famoso in tal senso si chiama Nao ed è stato creato in collaborazione tra Softbank Robotics e il Centro autismo dell’Università di Birmingham. Anche Buddy ha raggiunto molto successo perché dotato di un software personalizzabile e in grado di adattarsi alle specifiche necessità del bambino con cui si trova ad interagire.
Ultimo esempio, ma non per importanza, è Milo, noto anche con il nome di Zeno robot, la macchina realizzata dalla società texana RoboKind con la straordinaria capacità di attirare l’attenzione dei piccoli pazienti per circa l’ottanta per cento del tempo della terapia.
L’innovazione impone sempre sia risvolti positivi sia negativi. Bisognerebbe controllare l’applicazione di questo fenomeno evitando che scavalchi definitivamente l’interscambiabile valore che l’essere umano ha nei processi lavoratori e nei rapporti relazionali, senza dimenticare che la robotica, soprattutto quella che riguarda i cobot industriali, svincola l’uomo da attività ripetitive, noiose e spesso molto faticose, collaborando e semplificando le mansioni operaie. Dunque, probabilmente la soluzione migliore sta nel mezzo: bisogna apprezzare l’impatto e l’applicazione dei robot senza mettere mai totalmente da parte l’uomo che, con le