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In un tempo di nuovi mutamenti all’interno dei processi culturali che toccano, in modo più evidente la funzione del patrimonio dei beni culturali, legare a sistema le competenze tra archeologia, etno-antropologia, arti, biblioteche, archivi e spettacolo dal vivo significa creare una impalcatura forte proprio per le Soprintendenze.

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Le Soprintendenze restano il perno intorno al quale interagiscono le culture. Il concetto di bene culturale, inventato da Gabriele D’Annunzio, oggi trova una strutturazione proprio in un percorso valorizzante che si lega ad una ottimizzazione della fruizione. Ci sono diversi esempi di ottimo governo delle soprintendenze attraverso una partecipazione nella comparazione. Nel Sud la Soprintendenza (Sabap – Le) con sede a Lecce, retta, in modo esemplare, dall’architetto Maria Piccarreta, che abbraccia i territori di Brindisi, Lecce e Taranto è diventata un punto di riferimento proprio all’interno di una dialettica che vede insieme la dialogante sinergia tra le varie competenze. Dalla archeologia alla biblioteconomia, dall’antropologia ai monumenti.

Proprio la Biblioteca è un campo di estrema importanza che si radica in tutto il territorio, e grazie alle capacità lungimiranti della Soprintendente, attraverso una visione della cultura non solo come “sapere”, ma anche come incontro tra i saperi nuovi che sono i percorsi di una dialettica ampia soprattutto in una città, come Taranto, che attraversa seri problemi ambientali e quindi di “qualità” della vita, considerati anche i dati Istat letti sulla schermata del “Sole24Ore”. Taranto ha bisogno di una cultura forte. Questo è possibile con la presenza dell’attuale ruolo della Soprintendenza.

Siamo dentro i veri saperi del Mediterraneo nascono dalla definizione di un processo etnico che significa la forza di una archeologia dei saperi dei popoli e delle loro identità. In fondo questo Mediterraneo oggi resta senza una precisa identità. Anzi senza una appartenenza perché se vogliamo dirla in termini di saggezza delle conoscenze le identità ci sono ma sono una dichiarazione di confusione e di reali conflitti anche di ordine economico oltre che religioso etico e culturale tout court. I beni culturali, come patrimonio nazionale, sono una testimonianza nel vissuto della storia e dei popoli, che devono trovare le ragioni per un dialogo a tutto tondo con le risorse e le vocazioni che vivono dentro il territorio.

Dobbiamo cominciare ad entrare nell’ottica che il bene culturale non è soltanto una questione materiale. La cultura è nella immaterialità: dalle lingue alle etnie, dalla musica alla canzone d’autore, dalla presenza delle minoranze linguistiche in Italia (sulle quali stiamo portando avanti studi, ricerche, pubblicazioni e modelli valorizzanti riconosciuti da tutto il mondo con una presenza in molti Paesi esteri e la documentazione è abbastanza evidente) alle antropologie comparate. Il territorio come bene culturale è un intreccio di beni materiali e immateriali.

Oggi parlare di territorio, di patrimonio culturale, di storia significa anche non dimenticare il senso e l’appartenenza di una memoria che vive nei simboli. E i simboli si trasmettono, si contestualizzano, si interpretano. Infatti i territori sono i veri depositari dei testamenti delle epoche e delle civiltà. Focalizzare una tale questione significa, tra l’altro, definire un’idea portante di cultura all’interno di ciò che è stato un vissuto e che dovrà essere futuro attraverso gli strumenti dell’organizzazione, della progettualità, dei saperi. Una linea che il Mibac conosce bene e l’esempio della Sabap Brindisi-Lecce-Taranto svolge con grande prestigio.

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