Pubblicità in concessione a Google

La fillossera della vite è un insetto della famiglia dei Phylloxeridae.
È un fitofago associato alle specie del genere Vitis che attacca le radici delle specie europee (Vitis vinifera) e l’apparato aereo di quelle americane (Vitis rupestris, V. berlandieri e V. riparia).

Pubblicità in concessione a Google

Questo dannoso fitofago della vite, originario del Nordamerica, è comparso in Europa nella seconda metà dell’Ottocento, e oggi è diffuso in tutti i paesi viticoli del mondo. Provoca in breve tempo gravi danni alle radici e la conseguente morte della pianta attaccata, con l’eccezione di alcuni vitigni americani.

In Italia è stata segnalata per la prima volta nel 1875 nei pressi di Lecco e successivamente nel 1879 nelle campagne di Valmadrera (CO) e di Agrate (MI).

I danni causati dalla fillossera cambiano con la specie ospite e con l’apparato attaccato.

Sull’apparato fogliare i danni consistono nella formazione delle galle, inizialmente di 2 mm di diametro, delle dimensioni di un pisello a maturità. Questo danno non interessa la vite europea e, fra quelle americane, Vitis labrusca e i suoi ibridi. Le foglie di queste viti, infatti, non reagiscono alle punture perciò non si formano le galle. Le galle non sono di particolare gravità: l’intervallo di tempo che intercorre fra una generazione di gallecole e la successiva permette alle piante di produrre foglie sane perciò non ne viene compromessa la vitalità e, a meno di forti infestazioni, la pianta supera con danni modesti gli attacchi fino all’estate, periodo in cui le infestazioni si esauriscono. L’unico danno economico di una certa rilevanza si ha solo nei vivai.

Gli attacchi delle radicicole coinvolgono invece tutte le viti, ma con riflessi differenti secondo la specie.

Le viti americane, sempre con l’eccezione di V. labrusca e dei suoi ibridi, hanno sviluppato una resistenza genetica, anatomica e fisiologica, che impedisce alle radicicole di attaccare le radici di conduzione. Su queste viti, infatti, le fillossere attaccano solo le radici assorbenti provocando la formazione delle tipiche deformazioni ricurve. Le alterazioni anatomiche sono solo a livello sottoepidermico e non viene compromessa la vitalità della radice. Di conseguenza, le viti americane superano indenni le infestazioni.

Le viti europee e le viti americane del ceppo labrusca non hanno sviluppato alcuna resistenza alla fillossera. Su queste viti l’afide attacca anche le radici di conduzione provocando la formazione di lesioni profonde, dette tuberosità, che compromettono la funzionalità dell’apparato radicale. Un altro aspetto di rilevante importanza è che su queste viti le infestazioni sono più intense in quanto la fillossera si è adattata a svolgere l’anolociclo senza produrre le sessupare, con conseguente minore mortalità a carico delle popolazioni. Agli attacchi della fillossera sono inoltre associati infestazioni di Acari rizofagi e infezioni fungine. In definitiva lo stato patologico è di tale gravità da provocare un progressivo deperimento generale che in genere conduce le piante alla morte entro i tre anni.

Fattori naturali di controllo
Gli agenti biologici di controllo della fillossera si riducono a pochi occasionali predatori che non hanno alcuna incidenza sulla dinamica della popolazione. Diverso è invece l’impatto degli agenti ambientali climatici e pedologici. Il vento interferisce con il volo delle sessupare ed è causa di un’elevata mortalità in questa fase del ciclo. Il terreno influisce invece sotto due differenti aspetti:

i terreni ad elevato tenore in sabbia rappresentano un ostacolo insormontabile alla propagazione delle infestazioni perché le neanidi non riescono a muoversi in questo substrato grossolano e incoerente. È infatti noto che i vigneti impiantati su terreni sabbiosi sono pressoché immuni agli attacchi della fillossera;
i terreni argillosi e idromorfi, soggetti a periodici ristagni, impediscono il proliferare delle infestazioni in quanto l’ambiente asfittico è sfavorevole alla fillossera. Si tratta tuttavia di condizioni ambientali poco propizie alla viticoltura.

Metodi di lotta
Viticoltori e scienziati si sono inizialmente trovati completamente disarmati davanti ai disastri causati dall’insetto quando comparve in Europa. L’esperienza aveva rapidamente provato che i vigneti impiantati in terreni sabbiosi resistevano alla fillossera, ma la prospettiva di trasferire la viticoltura su terreni esclusivamente sabbiosi era piuttosto difficile da realizzare. Si sono dunque tentati, spesso in modo empirico, trattamenti eradicanti diversi con risultati più o meno felici.

Trattamenti ovicidi invernali
Tradizionalmente si tentava il controllo spennellando sui ceppi, al fine di distruggere l’uovo d’inverno, un miscuglio di acqua, calce viva, naftalene bruto e olio. Questa tecnica era ancora praticata all’inizio del XX secolo, ma non si è rivelata molto efficace. I motivi sono da imputare al fatto che la riproduzione anfigonica sulle viti europee ha un’incidenza pressoché nulla sulla dinamica della popolazione. I trattamenti contro le uova durevoli pertanto erano del tutto inutili.

Diverso è invece il risultato nel settore vivaistico: le piante madri dei portinnesti americani sono maggiormente sensibili agli attacchi delle gallecole. In questo particolare ambito si rivelano molto efficaci i trattamenti invernali, in particolare quelli a base di oli gialli o DNOC, il cui impiego non è più ammesso dalla normativa vigente. Più blanda è invece l’azione ovicida degli oli bianchi. Risultati modesti offrono altresì i trattamenti chimici diretti contro le gallecole, anche ricorrendo a insetticidi sistemici.

Trattamenti eradicanti contro le radicicole
La lotta chimica contro le radicicole si può attuare solo con il ricorso alla geodisinfestazione, con l’incorporamento di liquidi volatili come il solfuro di carbonio o la fumigazione con bromuro di metile. A prescindere dalle attuali normative, che mettono al bando le fumigazioni con bromuro di metile, questi trattamenti hanno una discreta efficacia, tuttavia si sono sempre rivelati insostenibili per gli elevati costi dovuti all’impiego di manodopera specializzata, di apparecchi speciali (aratro sulfureo, palo iniettore) o al dispendio di lavoro (scavo di conche attorno al ceppo).

Trattamento per sommersione
Si tratta di una tecnica, adottata fino a pochi decenni fa in Francia, che consisteva nel sommergere i vigneti per circa due mesi in autunno, dopo la caduta delle foglie, in modo da creare condizioni asfittiche tali da decimare le radicicole. Questa tecnica si applicava negli ultimi anni di produzione dei vecchi vigneti, destinati all’espianto, prima di reimpiantare il nuovo vigneto. La finalità era quella di evitare l’innesto di alcuni vitigni pregiati su portinnesti americani, di cui si temeva l’influenza sulle proprietà del vitigno europeo, e mantenerne dunque intatte le caratteristiche ampelografiche

Questo metodo si è dimostrato efficace, tuttavia è improponibile come pratica ordinaria su vigneti giovani o in piena produzione, per il fatto che i ristagni prolungati compromettono nel tempo la vitalità delle piante.

Innesto su portinnesti americani
Vitis riparia, una delle specie americane resistenti alle radicicole
Questa tecnica è un mezzo preventivo di lotta biologica a tutti gli effetti ed è stato l’unico vero metodo di controllo efficace e applicabile su vasta scala. Le prime indagini dimostrarono che il portinnesto americano influisce sul vitigno europeo solo per quanto concerne l’adattamento alle condizioni pedologiche (resistenza al calcare, resistenza alla siccità, ecc.) mentre le proprietà del vitigno (in termini di qualità e tipicizzazione del prodotto) si mantengono pressoché intatte.

Il portinnesto americano conferisce all’intera pianta la sua intrinseca tolleranza alla fillossera. La parte epigea , inoltre, essendo costituita da un vitigno europeo, è pressoché immune alla minaccia delle gallecole. In definitiva questa tecnica ha rivoluzionato l’intera viticoltura europea risollevandone le sorti: attualmente quello che ha rappresentato nel XIX secolo una delle piaghe più terribili dell’agricoltura europea, è diventato un insetto pressoché innocuo, il cui interesse è ormai relegato solo ad ambiti storici, culturali e biologici

Pubblicità in concessione a Google