«La CNA della Puglia, pur nel rispetto delle competenze istituzionali del Ministero dello sviluppo Economico, della Regione Puglia e del Comune di Taranto esprime la propria preoccupazione per la situazione che si è verificata in ordine alla soluzione della questione ILVA.» Lo riporta una nota a firma di Pasquale Ribezzo, segretario regionale della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa.
«Abbiamo più volte detto – rimarca Ribezzo – che bisognava evitare di ingrandire la questione oltre i suoi confini naturali e che era inopportuno che da più parti se ne strumentalizzassero le vicende.
Oggi siamo preoccupati che la deriva presa dal conflitto istituzionale danneggi irrimediabilmente la possibilità di ottenere dei risultati.
Alla dovuta attenzione per la sorte delle migliaia di lavoratori dello stabilimento e per le imprese di subfornitura, non solo per i crediti ma soprattutto per la possibilità che continuino ad operare nel comprensorio ionico; associamo la preoccupazione che questa vicenda faccia perdere di vista l’occasione che oggi (e non in futuro) Taranto ha di rilanciare le sue potenzialità e di costruire un nuovo modello di sviluppo basato su una vera diversificazione produttiva del territorio attraverso la valorizzazione delle sue peculiarità virtuose.
Il dibattito sull’ILVA purtroppo fa perdere di vista e consegna all’opinione pubblica nazionale un’idea di questo territorio come sola ILVA.
Taranto, invece, è agricoltura d’avanguardia, turismo in crescita, cultura che consolida e moltiplica le sue posizioni, artigianato e piccola impresa (artistico e manifatturiero nell’abbigliamento) che si affermano nel mondo, un grande porto e un grande aeroporto che aspettano solo di essere integrati in un nuovo sistema logistico planetario legato alla ripresa di centralità del Mediterraneo.
L’ILVA è solo uno dei capitoli di questa vicenda. E crediamo che una volta affrontata con successo la questione della ambientalizzazione dello stabilimento, si possano verificare le condizioni per una coesistenza pacifica e produttiva di tutti i settori.
Il Governo centrale ha già avviato le norme e le procedure perché questo nuovo modello virtuoso si affermi. Non ci perdiamo dietro le dispute letterarie su questi provvedimenti, sulle ZES, sulla inadeguatezza dei fondi.
Una cosa è certa. Le risorse non mancano. Oggi per fare ripartire Taranto basterebbero le risorse esistenti e poco utilizzate. Quelle ordinarie, dai fondi del patto per il distretto del mobile imbottito a quelli regionali e nazionali (Titolo II, Digitalizzazione, internazionalizzazione, energia ecc) sino ad Impresa 4.0.
A questo si aggiungano le risorse del patto per il sud, quelle per l’avvio di nuove imprese innovative e via discorrendo.
Il problema allora è cambiare il paradigma del discorso e passare dal lamento per la scarsezza di fondi alla proposizione di nuovi progetti non assistiti.
Per questo noi riteniamo che sia limitativo che il partenariato sociale non sia coinvolto interamente, guardando al mondo dell’artigianato, delle PMI e del commercio.
Proponiamo per questo – conclude Ribezzo – un nuovo patto per lo sviluppo, che parta dal basso, che si basi innanzitutto sulla volontà dei soggetti pubblici e privati di fare il primo passo e di mettere sul tavolo idee e progetti senza aspettare che altri lo facciano. Dobbiamo dare l’esempio. Solo così, e con una politica pubblica che non invada gli spazi privati ma si impegni e si limiti a rimuovere gli ostacoli, diventeremo attrattivi per investitori esterni.
Per questo noi siamo pronti a fare la nostra parte.»