Il pastificio barese Divella, l’associazione degli agricoltori Coldiretti Puglia e il Consorzio Agrario del Centro Sud hanno appena sottoscritto un accordo di filiera, con l’obiettivo di creare una pasta fatta al 100% di grano duro pugliese.
L’accordo, che è stato siglato a Foggia il 30 novembre da Vincenzo Divella con il direttore di Coldiretti Puglia Angelo Corsetti, fissa un prezzo minimo garantito del grano duro a 28 euro al quintale (di 6 euro più elevato rispetto ai 22 euro dell’ultimo listino camerale), e prevede dei bonus per il grano in cui le proteine superino il 14,5%. È stato inoltre stabilito che, se il prezzo di mercato di tale prodotto dovesse aumentare, anche il compenso per gli agricoltori pugliesi aumenterà. In prima battuta, per sigillare l’accordo, Divella ha confermato che acquisterà 30 mila tonnellate di grano duro dagli agricoltori del territorio foggiano e barese.
Quello di Divella si aggiunge ad altri contratti di filiera che sono stati firmati in passato e sono ancora in corso tra i nostri agricoltori e pastai italiani come Ghigi, Granoro, Grano Armando e Voiello.
La buona notizia riguardante il grano contribuisce a sostenere una tendenza generale, che vede l’Italia sempre più schierata per la difesa della qualità del nostro grano e della nostra pasta, simbolo della cultura gastronomica del Belpaese e della dieta mediterranea.
Proprio in questi giorni la Commissione Agricoltura della Camera si prepara a chiedere l’approvazione di una proposta di legge sulle farine integrali, che permetterà di regolamentare la produzione, ma anche la commercializzazione e l’etichettatura di tale tipo di farina, eliminando ogni ambiguità al riguardo.
Anche in ambito privato l’interesse nei confronti della pasta si fa sempre più evidente. Un esempio? L’azienda inglese di consegna di pasti a domicilio Deliveroo, sbarcata di recente in Italia, non ha esitato ad inserire nella sua lista di fornitori, oltre a classici ristoranti, pizzerie e paninoteche, anche piccoli pastifici artigianali, esponenti di quella cultura di qualità dei nostri prodotti da proteggere e conservare, che tutto il mondo c’invidia.
Tornare alle origini, rafforzando la produzione agricola italiana e facendo una scelta di qualità, è un’opzione auspicabile tanto per favorire l’economia interna quanto per rispondere alle esigenze dei consumatori. Attualmente l’Italia macina 3 milioni e mezzo di quintali di grano all’anno, ma ne produce solo 700 mila e importa il resto dall’estero, dove i controlli sulle materie prime sono meno rigorosi. Un’inversione di tendenza sembra auspicabile anche alla luce degli avvenimenti recenti, riguardanti le tracce di glifosato ritrovate nella pasta venduta da note marche italiane.
Un altro cambiamento nel settore riguarderà la trasparenza delle etichette dell pasta, in quanto il Tar del Lazio ha da poco bocciato il ricorso degli artigiani della pasta contro il decreto al riguardo, avanzato dai Ministri dello Sviluppo Economico e delle Politiche Agricole. Dal febbraio 2018, dunque, in Italia ci sarà l’obbligo di indicare la provenienza delle materie prime sulle etichette della pasta. Il ministro Martina, soddisfatto della decisione del tribunale, si prepara a chiedere all’Unione Europea una normativa comune al riguardo.