Il gran caldo fa danni pesanti anche dove l’acqua c’è e in abbondanza. Non solo campi e colture agricole a secco, ma anche cozze e ostriche “uccise” da temperature anomale che stanno facendo letteralmente bollire le acque dei Due Mari.
«E’ la nuova emergenza – spiega Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Taranto – che si accompagna alle ondate di calore e sta mettendo in seria difficoltà la mitilicoltura tarantina. A rischio ci sono le rinomate coltivazioni di cozze del Mar Piccolo e anche le ostriche, prelibatezza che ha attecchito nelle acque del Mar Grande da qualche anno, grazie alla scommessa imprenditoriale e alla felice intuizione, trasformata in un brevetto, della cooperativa Ittica Jonica. Tantissimi mesi di lavoro finiti al macero, per cui è necessario e urgente intervenire con strumenti di sostegno adeguati. Tocca alla Regione Puglia, in particolare all’Assessorato all’Agricoltura, raccogliere questo grido d’allarme e trasformarlo in decisioni operative».
La crisi della mitilicoltura, ostriche comprese, non è purtroppo una novità. Già nell’afosa estate 2015 – ricorda Damiano D’Andria, presidente della Ittica Jonica – «quasi 4mila quintali di ostriche, pronte per andare sui mercati nazionali ed esteri, andarono completamente distrutte». Un danno per diverse centinaia di migliaia di euro che ora ritorna come un boomerang a vanificare nuovamente gli sforzi degli allevatori che, al prezzo di onerosi investimenti, hanno riportato le ostriche nelle acque del Golfo di Taranto, rinverdendo i fasti di queste speciali coltivazioni che sino all’immediato Dopoguerra hanno fatto le fortune di molti pescatori ionici. «La mitilicoltura tarantina – continua D’Andria – è stata già penalizzata negli anni scorsi per la moria del prodotto a mare, sia del seme sia delle cozze, nel primo come nel secondo seno del Mar Piccolo; non solo, anche a nord della scogliera Tarantola, a San Vito, vi fu un eccezionale innalzamento delle temperature delle acque, che colpì anche le ostriche adulte ed il novellame: due anni di lavoro perso con grandi sacrifici e costi sopportati dalla società Ittica Jonica. Quest’anno, purtroppo, si è ripetuto il disastro dovuto all’innalzamento delle temperature delle acque proprio nel momento della vendita del prodotto: nel giro di un paio di giorni abbiamo perso tutto, cozze, ostriche e seme. Le cooperative come la nostra non sanno più come fare e che cosa fare in futuro, quali aspettative avere: è questo il nostro dilemma».
Un dilemma che si sta velocemente trasformando in un labirinto senza uscita: «In passato – aggiunge il presidente D’Andria – non si erano mai verificate ondate di caldo così dannose. Poi nel 2015 è scoppiata la prima emergenza e ora ci risiamo. Il bando regionale del 2015 ha riconosciuto un contributo alle cooperative dei mitilicoltori, ma si tratta di cifre irrisorie, a tutt’oggi non liquidate. Le ostriche tarantine erano per noi una scommessa importante e lo sono ancora, ma purtroppo le istituzioni non supportano quella che può essere un’alternativa di lavoro e sviluppo della città: il nostro mare è ancora il più pescoso e produttivo del Mediterraneo».
Il caldo “killer”, invece, sta uccidendo le speranze di ripresa dei mitilicoltori e mettendo fine al processo di nutrizione e riproduzione anche delle pregiate ostriche, coltivate con un metodo di acquacoltura biologica con seme innestato e allevamento in mare per circa 18 mesi: è questa, del resto, la qualità che caratterizza il prodotto tarantino rispetto alla concorrenza francese, irlandese, spagnola e portoghese.
«E’ una calamità doppia – conclude Lazzàro – che sta colpendo le nostre pregiate colture, dalla terra al mare. Per questo torniamo a chiedere un intervento rapido e concreto della Regione Puglia finalizzato alla declaratoria dello stato di calamità».