Siamo figli di Ulisse o di Enea? O di Mosè? Con questo interrogativo è iniziata la relazione di Pierfranco Bruni in uno stimolante Convegno svoltosi a Cosenza che ha toccato tematiche su le Culture, le Etnie e i Beni Culturali. “Perché continuane a parlare di Magna Grecia dei popoli e delle civiltà quando il mondo attraversa conflitti tra Oriente ed Occidente che hanno ormai la dissolvenza dei confini?”.
Provocatoria e stimolante relazione ha sviluppato Pierfranco Bruni nell’aprire il Convegno di studi su “Le etnie, il Mediterraneo e le eredità dei beni culturali” svoltosi a Cosenza nella Salone Terrazza della Cultura. Ha immediatamente catapultato il concetto filosofico e “nostalgico” di Magna Grecia. “La Magna Grecia non c’è più, ha dichiarato Pierfranco Bruni, perché è finita nel momento in cui è crollato il Regno di Napoli, nel momento in cui si è concesso di stravolgere la tradizione fortemente Mediterranea e di affidare l’identità greco – latina a quelle appartenenze austro – ungariche”.
Sottolineature che hanno permesso di suscitare un articolato dibattito e hanno permesso delle riflessioni abbastanza ampie nel pubblico presente che non si aspettava una relazione rivoluzionaria come chiave d’inizio, tanto che Bruni ha stravolto il contesto del Convegno offrendo una riflessione in più rispetto alla quadrature delle indicazioni date.
Con molto coraggio Bruni ha marcato: “Qui non siamo venuti per parlare con i nostri compiti fatti a casa. Cominciamo ad impostare un nuovo modo di guardare al confronto culturale sulla Magna Grecia. Ci sono state negli ultimi anni imprese filosofiche e letterarie che hanno permesso di guardare con uno sguardo più presente alla visione della Magna Grecia, che non è solo archeologia, ma anche lingua, etnia e letteratura. Dico questo perché spesso parliamo di Mediterraneo, ma lo stesso Mediterraneo non è più quello indicato dalle cartine geografie. C’è un Mediterraneo che è diventato metafisica dei popoli ed è su questo che bisogna reimpostare una nuova visione dell’essere Occidente e dell’essere Oriente”.
“Proprio per questo, ha aggiunto, mi riferisco ad Oriana Fallaci che è la scrittrice che incarna una Penelope che sa andare alla guerra. Per questo mi riferisco alla Cardinal che è l’emblema di un Mediterraneo altro o alla Serao che è una delle interprete più alte nel rapporto tra Magna Grecia, Regno di Napoli e le nuove frontiere. Oggi parlare di Magna Grecia non ha più senso soprattutto quando c’è una filosofia della letteratura che incalza tra gli Orienti e gli Occidenti”.
Un Convegno di alto spessore culturale nel quale Bruni, anche nel dibattito l’ha fatta da mattatore, provocando anche di più i convegnisti affermando: “Se l’ultima Regina del Sud è stata Maria Sofia perché si insiste con una Magna Grecia che è soltanto nostalgia? Non abbiamo bisogno di nostalgie neppure in letteratura, ma di reimpostare antropologicamente un rapporto tra etnie e lingue con delle generazioni di scrittori che non sanno scrivere e quando riescono a scrivere fanno semplicemente cronaca. Non c’è più una letteratura perché si sono staccate le coordinate tra la tradizione letteraria e la cronaca nella quale rappresentando il reale o l’immaginario reale si pensa di fare letteratura. Siamo molto distanti. E questo perché ci portiamo addosso il fatto di essere gli eredi della Magna Grecia”.
“Siamo eredi di un mondo arabo musulmano, di una cristianità, di una Cartagine decadente e ancora siamo dentro le fiamme di Troia, siamo gli eredi delle menzogne raccontate su Nerone, siamo gli eredi di una classicità che non è greca ma araba, di una romanità che è quella di Cesare”.
La battuta finale di Pierfranco Bruni che è un interrogativo ha creato una atmosfera sospesa ma molto incisiva: “Siamo convinti di essere eredi di qualcosa? E se fossimo, oggi, eredi di nulla dal momento in cui tutto è decaduto? Ma se abbiamo una eredità è quella araba occidentale”.