«Nel derby a sinistra tra Michele Emiliano e Matteo Renzi, che si è giocato venerdì scorso in Prefettura, a perdere è stata Taranto. Il presidente della Regione Puglia e il capo del governo si sono sfidati in singolar tenzone sulla testa dei tarantini, ma riteniamo che, né l’uno, né l’altro, abbiano veramente a cuore le sorti della nostra città.» Lo dichiara Antonio Caramia, già Presidente Confindustria Taranto e Vicepresidente Confindustria Puglia
«Renzi e il suo Governo – afferma Caramia, in perfetta sintonia con quelli che l’hanno preceduto (Monti e Letta), hanno ripetuto il motivetto secondo il quale, salvando l’Ilva, si possono tenere insieme le ragioni della salute e del lavoro. Però nessuno ci spiega come, concretamente, si conciliano questi due obiettivi. Nella sostanza, il buon Renzi, procede in tutt’altra direzione: con il X decreto diluisce ancora i tempi di attuazione del Piano di risanamento ambientale e regala l’immunità ai nuovi acquirenti. Intanto a Taranto ci si ammala e si muore di inquinamento.
Da imprenditore, con un passato di dirigente provinciale e regionale di Confindustria, e da tarantino, ribadisco quanto già affermato in precedenti interventi: l’Ilva va chiusa senza se e senza ma. Solo così Taranto potrà ricominciare. Quello dell’acciaio è un ciclo destinato ad esaurirsi: impianti troppo vecchi, ristrutturazione troppo costosa, margini di profitto notevolmente ridotti rispetto al passato per via della concorrenza di Cina, India e altri Paesi emergenti contro i quali non solo l’Italia, ma tutta l’Europa non potrà competere a lungo. I Gruppi interessati all’acquisto dell’Ilva vogliono mettere le mani sui soldi di Cassa depositi e prestiti che il Governo sta sacrificando pur di trovare una via d’uscita ad una vertenza diventata ingestibile. Persino la Corte dei Conti ha espresso perplessità sull’intervento di CdP nel salvataggio dell’azienda siderurgica. Chiunque acquisterà l’Ilva ridurrà drasticamente l’occupazione e porterà progressivamente alla chiusura gli impianti.
Taranto – ribadisce ancora Caramia – sta pagando un prezzo troppo alto in termini di distruzione dell’ambiente e danni alla salute. Malattie, tumori, morti. Bambini gravemente ammalati, mamme che hanno paura di allattare i propri figli, aiuole e aree verdi contaminate, mitilicoltura gravemente danneggiata. Il nostro è un territorio che va urgentemente bonificato e riconvertito ad un altro tipo di economia e per fare questo è necessario azzerare il passato, cioè chiudere l’Ilva. Taranto può rinascere con le attività di bonifica e con una nuova economia incentrata su un sistema industriale pulito e innovativo, sulla filiera del turismo, della produzione e della trasformazione dei prodotti agricoli, sulla risorsa mare, su un terziario moderno, su una logistica efficiente e proiettata sui mercati internazionali, sul nostro patrimonio artistico e culturale.
Molti mi chiedono perchè dico e scrivo queste cose. Chi te la fa fare? E’ la mia coscienza che urla, è la mia dignità che non vuole rassegnarsi, è l’appartenenza a questa comunità che mi fa indignare, è il mio essere libero che mi consente di esprimere il mio pensiero con orgoglio e passione. Taranto attraversa una fase estremamente delicata in cui bisogna progettare il futuro ed assumere decisioni coraggiose. Solo un cambio di atteggiamento ci può salvare.
E stiano tranquilli quanti temono una mia discesa in politica – conclude Antonio Caramia, già Presidente Confindustria Taranto e Vicepresidente Confindustria Puglia. L’ho detto e lo confermo: non ho alcuna intenzione di candidarmi e non ho persone da sponsorizzare. Mi interessa però una politica che non sia intesa come occupazione del potere, mi interessano partiti che guardino all’integrità delle persone. Il mio candidato ideale deve essere integerrimo e cristallino; una persona capace, ovviamente, ma limpida e trasparente. E, purtroppo, fino a questo momento non ne vedo!»