Le isole amministrative di Taranto ancora una volta ai margini del Psr Puglia e con esse un numero consistente di aziende agricole. Un’assurdità che si ripete uguale a se stessa nella nuova programmazione regionale dei fondi europei così come nel precedente settennio e che Confagricoltura Taranto continua a denunciare.
«Il problema – spiega il direttore Carmine Palma – l’avevamo sottoposto nel luglio 2013 all’allora assessore regionale all’Agricoltura proprio per evitare che una penalizzazione così evidente quanto immotivata si ripetesse: aziende agricole che, per una mera classificazione amministrativa, rientrano nel polo urbano di Taranto ma che sono situate a distanza di diversi chilometri, anche senza continuità territoriale, e di fatto inglobate nel territorio rurale di altri comuni. Si tratta di numerose aziende che la Regione Puglia sta danneggiando, perché una così miope e burocratica applicazione della classificazione nella sostanza impedisce a decine di imprenditori agricoli di poter accedere ai fondi europei. Eppure – rimarca Palma – non stiamo parlando di semplici “espressioni geografiche” ma di aree periurbane e di sei isole amministrative per un totale di 4599 ettari su cui si svolgono attività agricole di rilievo, anche a carattere intensivo, e che toccano comuni come Martina Franca, Grottaglie, San Marzano, Lizzano, Fragagnano e Pulsano».
In questa fase d’applicazione del Psr 2014-2020, in particolare, le aziende agricole ricadenti nelle isole amministrative di Taranto – ma anche quelle di Lecce e in parte Bari – risulterebbero fortemente penalizzate e di fatto escluse (a causa dei punteggi molto bassi previsti per queste aree) dai benefici delle misure riguardanti il miglioramento e il primo insediamento, la sottomisura compresa nel “Pacchetto giovani” che prevede aiuti per 100 milioni di euro, nonché completamente escluse dalle misure riguardanti la diversificazione aziendale.
Per il presidente Luca Lazzàro si tratta di «un’esclusione de facto che non ha alcun senso e bene ha fatto il presidente dell’Ordine degli Agronomi di Taranto, Gianluca Buemi, a sottolinearne le reali conseguenze». «Siamo di fronte – spiega – a zone che sono aree urbane sulla carta, ma che nella realtà sono terreni coltivati e aziende agricole. Non possiamo pretendere che i burocrati regionali sollevino gli occhi dalle carte per osservare la realtà, ma a chi ci governa – come ha fatto notare qualche esponente politico regionale – dobbiamo chiedere di cambiare idea, sia per cancellare un’evidente assurdità e permettere a queste aziende agricole di poter competere con le altre nelle corsa ai fondi europei, sia per cassare una palese ingiustizia: come mai le aree urbane e periurbane di alcuni altri capoluoghi regionali sono state “graziate” e magicamente trasformate in aree rurali? La soluzione, evidentemente, anche nell’apparente rigidità dei numeri può essere trovata».
Insomma, uno “strano caso” davvero su cui la Regione dovrebbe mettere mano urgentemente. «Noi non ci stiamo – rimarca Luca Lazzàro – e non accettiamo che Taranto, già piagata dal devastante tributo pagato all’inquinamento ambientale, ne debba pagare un altro con la sua agricoltura, colpita soprattutto nelle giovani imprese e negli agriturismi cui si stanno opponendo ulteriori ostacoli, che impediscono di ottenere finanziamenti vitali. Il bilanciamento con parametri più favorevoli nelle aree rurali della provincia non è un gioco a somma zero, perché le aziende a rischio esclusione rimangono tali.
La Regione Puglia riveda i parametri, ci convochi a stretto giro per chiarire questo pasticcio e nel caso faccia marcia indietro – conclude il presidente di Confagricoltura Taranto – se davvero vuole lasciare alla nostra terra almeno la speranza di ricostruirsi un’economia diversa e sostenibile: senza favori ma anche senza colpi bassi».